PESCARA

Rigopiano, multe ai turisti del macabro

Hanno violato il divieto di accesso al resort distrutto dalla valanga per scattare foto e selfie. L’ammenda è di 6mila 900 euro

PESCARA. Alessio Feniello, il padre del giovane Stefano, una delle 29 vittime della tragedia dell'hotel Rigopiano, non è il solo destinatario del decreto penale di condanna per aver violato i sigilli apposti dalla procura per delimitare l'area nella quale si trovavano le macerie del resort: il così detto corpo di reato. Insieme a lui ci sono altre 22 persone per le quali la procura di Pescara (procuratore capo Massimiliano Serpi e sostituto Andrea Papalia) ha chiesto al gip il decreto di condanna per lo stesso reato, in alternativa ai tre mesi di reclusione previsti dal codice penale. Tutti erano stati a suo tempo denunciati per quella violazione di legge che la procura ha contestato a tutti, compreso appunto Feniello che, contrariamente agli altri imputati che avevano scelto quella località probabilmente per una gita horror sul luogo del disastro, aveva una motivazione molto forte per aver perso sotto quella valanga che distrusse l'hotel, il proprio figlio.
I destinatari del decreto penale di condanna al pagamento di una multa ammenda di 6.900 euro, provengono un po' da tutta la provincia di Pescara, ma non solo: anche da Avezzano, Trasacco, Ortona, Silvi, Cellino Attanasio, Casalincontrada, Atessa. Dei 22 accusati in cinque hanno chiesto al giudice la messa alla prova, dodici andranno a dibattimento, mentre in cinque hanno presentato opposizione al decreto, così come fece anche Feniello, che era stato condannato a pagare una multa ammenda di 4.500 euro e che, dopo l'opposizione, venne mandato a dibattimento dopo il passaggio dal gup.
Il reato violato è il 349 del codice penale «perché violavano i sigilli - si legge nell'imputazione - posti a delimitazione dell'area interessata dal crollo dell'hotel Rigopiano, sottoposta a sequestro nell'ambito del procedimento penale, oltrepassando l'area delimitata nonostante la presenza di appositi paletti, cartellonistica di divieto di accesso e, comunque, segnali evidenzianti il vincolo esistente sull'area». Lo scopo era quello di scattare e farsi scattare delle fotografie fra le macerie dell'hotel distrutto il 18 gennaio del 2017 da una valanga che travolse tutto e tutti e fece 29 morti.
Sulla complessa vicenda ci sono già due procedimenti all'attenzione del gup: uno relativo ai 25 imputati dell'inchiesta madre, che verrà discusso il 16 luglio prossimo; l'altro si discuterà invece il 10 luglio e riguarda le opposizioni alle archiviazioni disposte dalla procura e relative, per la maggior parte, alle posizioni dei politici originariamente coinvolti. Il terzo procedimento è quello sul depistaggio che si trova però ancora nella fase di conclusione delle indagini: l'inchiesta è chiusa con i sette indagati della Prefettura con in testa l'ex prefetto Francesco Provolo. Bisognerà attendere però i tre interrogatori richiesti dalle parti, che devono ancora essere fissati dai magistrati, prima di formalizzare la richiesta di rinvio a giudizio. Ed è per questo motivo che la procura ha negato, al momento, la copia del fascicolo al fratello di Gabriele D'Angelo, il cameriere morto sotto le macerie. Anche perché la procura, nel rigettare la richiesta, ha anche spiegato a Francesco D'Angelo che copia degli atti confluirà anche nell'inchiesta madre. E questo non vuol dire che i due procedimenti verranno riuniti, ma soltanto che tutti gli imputati verranno messi al corrente di questa inchiesta bis, naturalmente correlata.