Rigopiano, omessa redazione della carta valanghe: «Indagate su quei dirigenti regionali» 

Così a ottobre scrivono i legali Valentini, Tatozzi e Manieri. E spuntano i retroscena della carta delle valanghe fantasma

PESCARA. «È dato ormai acquisito che la condotta ascrivibile ad organi della Regione Abruzzo consiste nell’omessa redazione della Clpv (carta localizzazione pericolo valanghe) prevista dalla Legge Regionale numero 47 del 1992, carta che -se realizzata- avrebbe concretamente impedito il disastro di Rigopiano». Comincia così la terza denuncia che gli avvocati Massimo Manieri, Cristiana Valentini e Goffredo Tatozzi, hanno presentato in procura a Pescara il 4 ottobre scorso. Questo atto, sottoscritto dai difensori del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, del tecnico, Enrico Colangeli, e del Comune di Farindola, dà una svolta alle indagini sulla tragedia di Rigopiano, spostando l’attenzione della procura verso il secondo livello, quello dei dirigenti regionali. «Mettendo insieme le prove documentali e le dichiarazioni», scrivono i tre legali, «si forma un’immagine chiara: era il 2013 quando, l’ingegner Pierluigi Caputi, in qualità di direttore del Dipartimento Lavori Pubblici, verifica che, negli anni, ben poco era stato fatto per realizzare la Clpv, sicché decide di attivare gli uffici competenti».

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Caputi nomina Sabatino Belmaggio responsabile per realizzare una prima porzione della Carta, definita ridotta, firma la proposta di delibera con cui si pubblica la Carta Storica («lasciata a giacere nella polvere», dirà poi il dirigente Giovani al pm) e dà mandato all’ingegner Carlo Giovani di realizzare la Clpv vera e propria. «Ma a questa improvvisa attivazione, che culmina con l’emanazione della delibera della giunta Chiodi 170/2014, segue il nulla», si legge nell’esposto.
Il perché sembra risiedere nei danari occorrenti. Il dirigente Belmaggio, interrogato in procura, ha riferito che non spettava a lui chiederli, e che l’incaricato dalla giunta era il suo dirigente Giovani, e aggiunge che «la Clpv era irrealizzabile, occorrendo dai 7 agli 80 milioni di euro».

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Ma è lo stesso Belmaggio – affermano i tre legali – che, subito dopo Rigopiano, «ha chiesto e ottenuto dalla giunta attuale lo stanziamento di un milione e 300 mila euro, e nulla più, per procedere all’attesa redazione della intera carta regionale». Passiamo a Giovani che, durante la testimonianza in procura, dice di non ricordare se ha chiesto i soldi occorrenti per procedere ad eseguire l’ordine di giunta. E Caputi poi riferisce «di non rammentare richieste di fondi da parte di Giovani». Ma che comunque «la nuova Giunta era a conoscenza della necessità di stanziare i fondi previsti dalla delibera del marzo 2014». Solo nel 2017, dopo la tragedia, la giunta in carica approva la mini Clpv del primo bando 2013 e dà un nuovo mandato alla Prevenzione Rischi di realizzare la Carta regionale, con uno stanziamento di un milione e 300mila euro. A proporre la delibera è Belmaggio, in qualità di Dirigente del Servizio Prevenzione Rischi. La gara si è conclusa solo un mese fa. L’ha vinta il professor Roberto Nevini, dell’Università di Siena, con un ribasso record del 46 per cento.
«Il perché, dal 2014 al 2017, non si siano più visti i fondi stanziati dalla giunta Chiodi nel 2014, è un interrogativo irrisolto», prosegue la denuncia: «I dirigenti preposti non li hanno chiesti, sapendo - par di capire - di non potere averli; ma Belmaggio - come riferito in chiari termini dal dirigente del Servizio Programmazione, Antonio Iovino - avrebbe dovuto attivarsi per chiedere ciò di cui il suo ufficio abbisognava per realizzare la Clpv. E a sua volta, anche Giovani avrebbe dovuto farlo sua sponte, in quanto incaricato di realizzare la Clpv regionale. Entrambi», affermano i tre avvocati, « avevano chiara cognizione dei rischi cui era sottoposto il territorio abruzzese in assenza della Carta, e il preciso dovere di eseguire il mandato della giunta del 2014». Infine Caputi, «che non rammenta di essere mai stato investito di simili richieste. Ma la necessità di modifica del bilancio», concludono i tre, «era comunque di doverosa conoscenza e ottemperanza da parte della successiva Giunta». Lasciando intendere un terzo livello di inchiesta.