Rigopiano, un milione di mail sequestrate: la procura indaga sulla Regione 

L'omessa redazione della Carta pericoli valanghe sotto la lente d'ingrandimento della Procura. Spunta la dichiarazione dell'ex direttore Lavori Pubblici, Pierluigi Caputi: «La giunta era consapevole»

PESCARA. Non è finita qui. Anzi, potrebbe alzarsi il livello delle responsabilità per la morte delle 29 persone prigioniere dell’hotel isolato dalla neve e poi raso al suolo dalla valanga del 18 gennaio. Dopo aver passato al setaccio e individuato le presunte falle nella gestione dell’emergenza da parte dell’ex prefetto, del presidente della Provincia e del sindaco di Farindola tra i 23 indagati che ricoprivano ruoli apicali all’interno dei rispettivi enti, è adesso sulla gestione della prevenzione che si sta concentrando la Procura. Prevenzione che, nel caso di Rigopiano e della valanga che ha ucciso le 29 vittime, sembra legata a doppio filo all’omessa redazione, da parte della Regione, della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga che proprio la Regione avrebbe dovuto realizzare.

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Per questo al vaglio dei carabinieri forestali, su disposizione della Procura, c’è adesso il milione di mail acquisite nei mesi scorsi dal server della Regione. Una mole da scremare e che prende in rassegna la corrispondenza tra i vari uffici della Regione tra la fine del 2013 e il 2017, il 6 febbraio del 2017, quando a tragedia avvenuta si trova finalmente il milione e 300mila euro per realizzare la Carta di localizzazione del pericolo valanga. Ma perché non succede prima, visto che dopo la legge del 1992 e dopo l’individuazione del rischio a novembre del 2013, già il 17 marzo del 2014 la giunta Chiodi dava mandato al servizio Prevenzione dei rischi di protezione civile di realizzare e divulgare la Clpv?

Finora la Procura ha individuato nei cinque funzionari indagati per crollo colposo, omicidio colposo e lesioni colpose le prime presunte omissioni per la mancata redazione della Carta, per non essersi attivati «nemmeno predisponendo apposite e doverose richieste dei necessari fondi da stanziare nel bilancio regionale». Ma all’accusa manca da verificare, se oltre ai funzionari, anche la politica e le giunte che si sono succedute (Chiodi-D’Alfonso) fossero al corrente della necessità della Clpv e dei fondi per realizzarla. Un quesito che sembra chiarire Pierluigi Caputi, direttore del dipartimento Lavori pubblici della Regione dal 2 luglio 2012 al 10 dicembre del 2014.

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Nel corso delle indagini difensive condotte dagli avvocati del sindaco, del tecnico e del Comune di Farindola, Cristiana Valentini, Goffedo Tatozzi e Massimo Manieri, ad agosto Caputi spiega chiaramente che se in una delibera di giunta c’è scritto che verranno determinati capitoli di spesa nella formazione del bilancio successivo, la giunta che fa il bilancio successivo (in questo caso la giunta D’Alfonso nell’autunno del 2014) sa, è consapevole, che c’è una delibera con quella richiesta di stanziamento. Ma dove arriva, dove si ferma e perché, questa consapevolezza? È su questo che sta lavorando la Procura decisa a chiudere il cerchio in concomitanza con il primo anniversario della tragedia.

Intanto, per l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e gli altri due dipendenti della Prefettura indagati, arriva la solidarietà dell’associazione Prefettizia. «Si è convinti», spiega il presidente Antonio Corona, «che, fatti e circostanze alla mano, sapranno dimostrare di avere fatto tutto quanto ragionevolmente possibile nelle condizioni date e con le risorse a disposizione».