«Rimproveri continui Non ce la facevo più»

15 Maggio 2013

Arrestato il figlio 53enne della maestra in pensione trovata morta in casa La prima rivelazione allo psichiatra: «Ho perso la pazienza e l’ho strozzata»

CHIETI. La confessione di Domiziano Di Domizio è arrivata nella notte, all’una e un quarto di ieri. «Sono stato io a uccidere mia madre, mi rimproverava continuamente, non ce l’ho fatta più, ho perso la pazienza e l’ho strozzata» ha detto l’uomo alla sostituto procuratore Marika Ponziani e al capo della squadra mobile Francesco Costantini.

Una confessione piena avvenuta a sette ore circa dal momento in cui nella casa di via Scanno, allo Scalo, aveva stretto con forza le mani intorno al collo della madre Arcangelina Silvestri, ex maestra di 83 anni, vedova, fino a sentirne l’ultimo respiro.

Che fosse stato lui a uccidere la madre lo aveva detto anche allo psichiatra del policlinico dove era stato portato dagli operatori del 118 che, intervenuti dopo il delitto, per la costatazione di morte di Arcangelina Silvestri, lo avevano trovato stravolto sul balcone in procinto di gettarsi.

Il medico ha avvertito i poliziotti della squadra omicidi. Gli ispettori Nicola Di Nicola e Fabrizio Purgatorio sono andati a prelevarlo per portalo in questura. L’interrogatorio degli inquirenti è iniziato poco prima della mezzanotte. In stato di arresto, assistito dall’avvocato d’ufficio, Di Domizio in un primo momento non voleva parlare.

Dopo un’ora, alle sollecitazioni della pm Ponziani, ha ricostruito quello che di tragico era avvenuto nella casa di via Scanno, dove viveva con la madre e la sorella Rita.

Stravolto, ma lucido, ha ricostruito con precisione quanto accaduto. All’ennesimo rimprovero della madre, preoccupata del fatto che il figlio non riuscisse a uscire da uno stato depressivo serio, affrontato solo con una sigaretta dopo l’altra, come gli stessi amici e vicini hanno confermato, ha reagito violentemente. Poi, si è barricato nella sua camera. Di Domizio non ha sentito o non ha voluto sentire la sorella che, dopo circa un’ora dal fatto, suonava al campanello di casa. C’è voluto l’intervento dei vigili del fuoco per aprire quella porta, dietro la quale si era appena consumata la tragedia.

Oggi il medico legale Christian D’Ovidio, eseguirà l’autopsia sul corpo della Silvestri. Solo domani ci sarà l’udienza di convalida dell’arresto del figlio.

Nella casa al quarto piano di via Scanno ora è rimasta solo Rita, l’ultimogenita, circondata dall’affetto di amici e parenti che per tutta la mattina di ieri sono arrivati nell’appartamento. Una casa di 150 metri quadrati, bella, ben arredata, con una postazione internet. C’è anche il caminetto, simbolo di un focolare, ora spento per sempre.

I più vicini alla famiglia Di Domizio non parlano, ma nel quartiere tutti conoscevano di vista quell’uomo solitario e silenzioso, che sembra non aver mai scambiato una parola con nessuno.

«Era un tipo riservato, taciturno ma tranquillo», racconta Daniele Di Palma, titolare di Le spose di Monti, un negozio di abiti d’alta moda al piano terra della palazzina del delitto. L’intero edificio è di proprietà della signora Arcangelina e fino a pochi anni fa era lei ad occuparsi della riscossione del canone di locazione.

«Sono qui da otto anni e prima salivo in casa per l’affitto, ma negli ultimi tempi», continua il commerciante, «avevo rapporti con il figlio Raffaello. Nonostante i problemi di salute, la signora Arcangelina scendeva spesso e passava sempre a salutare, o a comprare una maglia per lei: era una donna perbene».

Con quel figlio problematico, però, nessuna conversazione in otto anni: «Lo vedevo passare», dice Di Palma, «mi diceva buongiorno e buonasera e basta. Sapevo che aveva avuto un incidente che l’aveva un po’ traumatizzato, ma per me era tranquillo, un bravo uomo: non avrei mai immaginato niente di quello che è successo».

Della riservatezza di Domiziano Di Domizio s’erano accorti anche al Simposio, la gelateria proprio di fronte al condominio in cui viveva con la madre e la sorella: «Lo vedevamo passare», dicono i baristi, «ma non lo conosciamo».

Al bar Cipriani, pochi metri più avanti, nessuno l’ha mai visto. Non sembra averlo mai notato neppure Vilma, che nel quartiere conosce quasi tutti. «Ma ieri pomeriggio (lunedì, ndr)», racconta, «ho visto i vigili del fuoco e un uomo che agitato diceva: “muovetevi ad entrare”. Non potevo immaginare che qui potesse succedere una cosa del genere».

(ha collaborato

Francesca Rapposelli)

©RIPRODUZIONE RISERVATA