La questura di Pescara

PESCARA

Trasferito il poliziotto indagato, il questore: non è una condanna 

Liguori dispone lo spostamento in un altro ufficio: «Ora vanno chiarite le eventuali responsabilità»

PESCARA. Il poliziotto dell’ufficio Immigrazione della questura di Pescara indagato per corruzione, due giorni fa è stato «spostato in un altro ufficio» dal questore Luigi Liguori (nella foto in basso). La decisione dell’allontanamento è stata presa alla luce della proroga delle indagini preliminari e non è escluso che «in futuro vengano adottati altri provvedimenti interni, se andranno presi», come ha spiegato ieri il questore dopo aver ricevuto il personale dell’Ufficio immigrazione, «turbato» dall’accaduto.

Liguori non entra nel merito della vicenda, essendo in corso le indagini, ma sottolinea che «se dovessero accertarsi delle responsabilità» a carico di questo poliziotto, «mi dispiacerebbe sotto il profilo umano ma non dal punto di vita professionale», aggiunge il questore che ritiene opportuno «isolare dagli altri» chi dovesse commettere violazioni, potendo rivelarsi «nocivo».

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L’ipotesi che stesse accadendo qualcosa di anomalo è emersa all’interno dell’Ufficio immigrazione, circa un anno fa. Sono stati eseguiti degli accertamenti dentro l’Ufficio stesso, è stato informato il questore di allora e al suo arrivo in città Liguori, messo al corrente della situazione, ha voluto che il poliziotto rimanesse al suo posto. Intanto, con il passare dei mesi, «il personale della squadra mobile e quello dell’Ufficio immigrazione hanno lavorato all’unisono, mantenendo la massima segretezza su tutto, con uno sforzo notevole da questo punto di vista», fino a quando è emerso tutto, due giorni fa, con la perquisizione in ufficio e domiciliare, finalizzata ad «accertare eventuali violazioni della legge». Un lavoro e un «risultato», quello raggiunto dalla questura fino ad ora, di cui Liguori è «soddisfatto» anche se la sua non è una «sentenza di condanna» dell’indagato, anzi le decisioni prese nei suoi confronti sono «a tutela» del poliziotto. La possibilità che ci siano delle «mele marce» esiste «in tutte le famiglie», conclude Liguori mettendo in evidenza che l’indagine è circoscritta a «un solo appartenente alla polizia».
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