Ufficio edilizia, i dipendenti chiedono il trasferimento in massa

Lo sfogo dei 12 tecnici del Sue in una lettera a Mascia e Antonelli: «Lavoriamo nel caos» Il Pd se la prende con l’amministrazione comunale: «Questo è il fallimento del centrodestra»

PESCARA. Il settore Sportello unico per l’edilizia (Sue) del Comune è nel caos. Mercoledì scorso, i 12 dipendenti hanno scritto una lettera al sindaco Luigi Albore Mascia, all’assessore all’urbanistica Marcello Antonelli, al direttore generale Stefano Ilari e al direttore del dipartimento Attività tecniche Amedeo D’Aurelio per chiedere il trasferimento in massa in un altro ufficio. Un fatto del genere non era mai accaduto finora.

Il personale descrive una situazione drammatica all’interno del settore, forse il più importante della pubblica amministrazione. Lì, si decidono interventi edilizi pubblici e privati di tutta la città. La responsabilità del Sue, guidato dal dirigente Gaetano Pepe, è altissima. I dipendenti devono fare i conti con norme spesso difficili da interpretare, con regole poco chiare, con richieste pressanti dei privati e basta poco per finire al centro di un’inchiesta da parte della magistratura. È già accaduto in passato, ma fortunatamente i sospetti e le accuse sono poi decaduti.

Ora, i dipendenti dicono di non poter più andare avanti così. Lo spiegano bene nella lettera intitolata «Mayday, mayday relay». «Il Maydady relay», si legge, «è una richiesta di soccorso grave ma indiretto, ovvero quando si fa da tramite per chi ha effettivamente bisogno di aiuto». I dipendenti parlano addirittura di « disastrosa gestione del settore Sue». «Ebbene, noi tecnici comunali assegnati al settore Sue lanciamo un ultimo Mayday relay al fine di salvare il salvabile», fanno presente.

I dipendenti entrano poi nello specifico. «A tutt’oggi», è scritto nella lettera, «nonostante la nostra specifica missiva su tali argomenti, non sono definiti i ruoli all’interno del settore, non si comprende chi debba firmare e cosa debba firmare. Siamo a un punto di non ritorno in questo settore, il semplice applicato o istruttore ha un potere decisionale più elevato di quello del dirigente».

E ancora: «Abbiamo vissuto e continuiamo a convivere con una crescente e sempre nuova normativa di settore che, implicitamente, invoca la necessità di una guida. Guida che indichi la giusta rotta, invece si continua a far interpretare per proprio convincimento ad ognuno di noi norme gerarchiche che dovrebbero essere analizzate in primis dai dirigenti». L’ultimo caso del genere è, probabilmente l’interpretazione che gli uffici hanno dovuto dare alle norme del Decreto sviluppo per concedere i permessi edilizi ai privati. «Bersagliati da tutto e da tutti», continua lo sfogo dei tecnici, «ci ritroviamo sempre al punto di partenza, solo e soprattutto spiazzati, tanto da costringerci a un esame profondo di ammissione delle colpe: qui non avete sbagliato i dirigenti (purtroppo solo 4 in pochi anni), qui è sbagliata la squadra, siamo noi le cattive pedine». «La soluzione la offriamo noi», conclude la lettera, «attraverso un profondo atto di riflessione e umiltà, chiediamo congiuntamente di essere trasferiti ad altro settore, al fine di consentire all’attuale dirigenza la scelta oculata dei suoi collaboratori, da individuare nei restanti 850 dipendenti».

Durissimo il commento giunto dal Pd. «Il quadro di estremo disordine che regna nel settore tecnico e che viene duramente rappresentato da competenti e professionali operatori», dicono in una nota i consiglieri Enzo Del Vecchio, Camillo D’Angelo e Florio Corneli, «altro non è che il negativo dell’ultima fotografia che tutti hanno potuto scattare in questi mesi e cioè quella che vede la politica del centrodestra confusionalmente impegnata a dettare e/o a recepire norme incomprensibili del cosiddetto Decreto sviluppo con il solo fine di coprire un’ignobile e sciagurata stagione di governo. Un governo che invece di affrontare responsabilmente una fase critica della vita economica e sociale del nostro Paese, ha preferito, ancora una volta, assecondare le aspettative di pochi e autoreferenziali lobby».

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