Ultrà ucciso, Ciarelli torna a Pescara per l’incidente probatorio

In città dopo il delitto il rom accusato di aver sparato a Domenico Rigante. Il gip ha disposto il riconoscimento con i nove testimoni il 29 giugno

PESCARA. Torna a Pescara il 29 giugno Massimo Ciarelli, il rom di 29 anni fuggito dalla città la sera del primo maggio e arrestato quattro giorni dopo dalla Mobile (in un autogrill di Francavilla) per l’omicidio dell’ultrà di 24 anni Domenico Rigante. Dal carcere di Vasto, accompagnato dai suoi legali Franco Metta e Antonio Valentini, Massimo tornerà per sottoporsi, insieme con i suoi quattro presunti complici (Luigi, Antonio, Angelo e Domenico Ciarelli), al confronto all’americana con i nove testimoni di quell’aggiuto mortale in via Polacchi.

Il gip Maria Michela Di Fine ha disposto l’incidente probatorio che il pm Salvatore Campochiaro aveva motivato lo scorso 17 maggio con «particolari ragioni di urgenza, atteso che il passare del tempo potrà incidere negativamente sulla memoria dei testi chiamati alla ricognizione, produrre modificazioni, volontarie o meno, dell’aspetto e delle sembianze degli indagati sottoposti a misura cautelare per i fatti contestati, nonchè esporre i predetti testi al rischio di pressioni ed intimidazioni».

Pressioni che si erano manifestate la sera stessa di quell’aggressione quando, come raccontarono gli ultrà presenti nell’appartamento di via Polacchi, dopo l’agguato e lo sparo contro Rigante (vittima di una vendetta nei confronti del gemello per una lite della sera prima con Massimo Ciarelli), un rom indicato come Luigi Ciarelli prima di fuggire si avventò contro uno dei presenti intimandogli di farsi i fatti propri, rafforzando così il senso di paura generato dalle pistole, almeno due, che più di uno si vide puntare in faccia in quell’appartamento.

Ma la mattina di venerdì 29 giugno, a riconoscere i cinque Ciarelli, non ci saranno solo i cinque amici di Domenico presenti nell’appartamento la sera dell’omicidio, ma anche altri quattro testimoni che agli investigatori della Mobile diretta da Pierfrancesco Muriana hanno raccontato il prima e il dopo l’omicidio: da quando il commando armato piombò in piazza dei Grue con una Cinquecento Abarth e uno scooterone, sparando e inseguendo fin dentro casa Antonio Rigante e l’amico che era con lui, a quando lo stesso commando uscì urlando dall’appartamento dove Domenico era appena stato colpito a morte, e al grido di «bagnalè» (polizia) si diede alla fuga. Testimonianze che a fatica, considerando il clima di tensione generato in città, gli investigatori sono riusciti a mettere insieme dopo una serie di appelli, a farsi avanti senza paura, dello stesso capo della Mobile. Quello che ne è venuto fuori è una dettagliata ricostruzione della scena del crimine che i nove testimoni sono chiamati a confermare il 29 giugno. Un passaggio che mira a blindare le prove finora acquisite a carico degli arrestati e a farle entrare direttamente nel processo prima che pressioni o intimidazioni possano indurre a ritrattazioni i nove testimoni che inchiodano i cinque Ciarelli. Un confronto protetto che avverrà nella tutela di entrambe le parti. Da una parte ci saranno i testimoni che, uno alla volta, potranno vedere non visti, dietro a un vetro, uno per uno i cinque Ciarelli arrestati per concorso in omicidio. Dall’altro i cinque, come previsto dal codice, e come il gip ha ricordato ai loro avvocati, sfileranno uno alla volta insieme ad almeno altre due persone del tutto simili, nell’aspetto e nell’abbigliamento di quella sera, a ciascuno di loro.

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