«Un fiore sulla mia tomba»

La lettera d’addio di Lambiase nascosta in un album di foto di famiglia.

PESCARA. «Un fiore sulla mia tomba, perdonatemi». Le ultime parole di Michele Lambiase sono affidate a una lettera: un foglio strappato da un blocco che è stato trovato dai carabinieri nella sua casa di Foggia nascosto tra le foto di un album di famiglia. Ha invocato il perdono, Lambiase, l’uomo che intorno alla mezzanotte dell’8 novembre scorso, nel parcheggio di via Verrotti di Montesilvano, ha sparato alla sua ex convivente, una donna di Silvi Marina, 33 anni, scheggiata alla zigomo dalla pallottola e da quella notte ricoverata nell’ospedale di Pescara e all’amico che era con lei, un napoletano di 35 anni, a cui è stato asportato un rene.

LA LETTERA D’ADDIO La lettera d’addio - alcune righe su un foglio qualunque e che culminano con la richiesta di deposizione di un fiore sulla sua tomba - è stata scritta dall’uomo nella sua casa di Foggia, proprio quando, ormai accerchiato, aveva deciso di chiudere il cerchio togliendosi la vita. E così è stato: Lambiase, il 47enne che ha perseguitato la sua ex, madre anche di suo figlio, e per cui era evaso dai domiciliari per ucciderla, si è suicidato ed è stato trovato in un casolare abbandonato nel Foggiano. La lettera è nelle mani dei carabinieri di Montesilvano diretti da Vincenzo Marinelli che stanno lavorando a stretto contatto con i colleghi di Foggia. L’uomo, che ha tentato la fuga nella sua regione probabilmente fin dalle prime luci di quell’8 novembre, ha potuto contare inizialmente su un appoggio, qualcuno che gli ha dato un sostegno, anche economico, ma che poi gli ha voltato subito le spalle. E’ questo uno degli aspetti più importanti su cui i carabinieri stanno continuando a lavorare, ascoltando amici e conoscenti anche fuori regione, ad Ancona e anche in provincia di Torino.

IL SUICIDIO Lambiase è stato trovato a faccia in giù in un casolare sul lato della tangenziale per San Severo della Statale 16, a pochi chilometri da Foggia. Una pista, quella dei casolari abbandonati, subito battuta dai carabinieri. Il 47enne si è sparato utilizzando una 7,65 semiautomatica procurata illegalmente. Ma non sono ancora chiari né il giorno e né l’orario della morte dell’uomo, che forse risale a 3-4 giorni fa. Ma i medici legali stanno ancora effettuando gli esami per risalire alla data certa della morte.

UN TESTIMONE Il duplice tentato omicidio, è stato compiuto da Lambiase l’8 novembre camuffato con una parrucca bionda a caschetto e un paio di occhiali da vista rossi. Già evaso e quindi ricercato, Lambiase ha acquistato la parrucca in un negozio di Pescara. Avrebbe desiderato una parrucca di un altro modello, con i capelli lunghi. Ma costava troppo, circa 60 euro, e quindi si è accontentato del caschetto che ne valeva la metà. Ma alle 18,30 dell’8 novembre, c’è un testimone che ha visto Lambiase indossare già quella parruca e sostare a Silvi, sotto casa della famiglia dell’ex convivente. Fin dall’inizio, alle operazioni hanno partecipato anche i militari di Silvi coordinati dal comandante Antonio Tricarico.

IL RIS L’elemento chiave della drammatica vicenda è la pistola, una 7,65 semiautomatica che Lambiase deteneva illegalmente. L’arma ha la matricola abrasa, ovvero il suo codice composto da numeri e lettere, è stato cancellato. La pistola verrà trasmessa al Ris che, attraverso un acido, cercherà di esaltare le lettere in modo da individuarne la provenienza. L’altra priorità dei carabinieri è, poi, quella di individuare chi ha sostenuto Lambiase nella sua latitanza.