Un processo su 4 cade in prescrizione

In appello estinti 808 procedimenti. Carenze d'organico e udienze preliminari interminabili

PESCARA. Per le procure è lo spauracchio da evitare, per la difesa è il grimaldello per picconare le accuse. E' la prescrizione, l'istituto giuridico che erode i processi, li divora e li ridimensiona, forte del tempo che trascorre. L'estinzione dei reati - che minaccia soprattutto le maxi inchieste e che il legislatore ha già accelerato nella riforma di sei anni fa - ha prodotto in Abruzzo un dato inquietante, che mortifica il lavoro di inquirenti e investigatori e la richiesta di giustizia delle parti offese: il 25 per cento dei processi, una volta arrivato al secondo grado, si spegne perché fuori tempo massimo. Uno su 4, insomma, e la maggiorparte arriva da Pescara, che istruisce la fetta più grande dei procedimenti e che pure negli ultimi anni ha snellito le fasi istruttorie chiudendo le inchieste, comprese quelle più delicate, in tempi ragionevoli.

808 PRESCRIZIONI.
Partiamo dai dati, che meglio raccontano un fenomeno in realtà radicato da anni. Nel rapporto sull'anno giudiziario 2011, salta fuori che sono state pronunciate in appello 808 sentenze di prescrizione. E tutto questo nonostante l'elevato numero di udienze (126 nel 2010, pari a 14 mensili) e di processi celebrati in ciascuna udienza (25-27), l'assai rilevante aumento di cause definite, cresciuto di oltre il doppio (96,8 per cento rispetto al 2008 e 157,4 per cento rispetto al 2009: da 1841 tre anni fa a 1408 nel 2009 fino a 3624 processi definiti l'anno scorso) e l'alta produttività individuale dei giudici di secondo grado (la media a testa è di 400 sentenze).

QUATTRO ANNI.
Ma quanto durano in media i processi e perché la prescrizione entra così pesantemente a gamba tesa sulla giustizia? L'analisi effettuata dal procuratore generale Giuseppe Falcone in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario focalizzano gli scogli sui quali s'infrangono la necessità di rispettare il principio della ragionevole durata del processo e l'esigenza di perseguire in tempi brevi l'autore del reato e di ripristinare nella collettività un maggior senso di sicurezza sociale.

La durata media dei processi è di 4 anni, ritenuta eccessiva dagli stessi magistrati. Colpa di un sistema ritenuto troppo incentrato ad assicurare le garanzie a danno della speditezza dei processi, secondo i magistrati.

IL PG FALCONE.
Illuminanti le parole di Falcone: «Per conseguire l'obiettivo di una maggiore celerità del processo, non è sufficiente il solo rispetto dei tempi di conclusione delle indagini preliminari o la fissazione di termini per le successive fasi, ma necessita soprattutto che il legislatore prenda atto che esso dev'essere sfrondato da inutili appesantimenti e che a esso va attribuito un modello certo tra quello accusatorio e quello inquisitorio, risultato a cui si può pervenire solo con la rivisitazione delle norme processuali, eliminando formalismi che hanno il solo pregio di dilatare i tempi di conclusione del processo e del tutto irrilevanti rispetto alle finalità di garanzia che si intendono tutelare. Formalismi che appesantiscono non poco il corso e la durata dello stesso».

LE CAUSE.
E allora, ecco nel dettaglio burocrazia e supergaranzie che rallentano i processi: il sistema delle notifiche, lento e ingarbugliato, che costringe - a Pescara come altrove - gli ufficiali giudiziari a corse disperate contro il tempo; la disciplina dettata dall'articolo 415 bis (avviso di conclusione delle indagini), che dopo la notifica prevede per gli indagati la possibilità di chiedere interrogatori o sollecitare nuove indagini difensive; l'opposizione alla richiesta di archiviazione e il sistema delle impugnazioni «che», sostiene la procura generale, «spesso sono determinate dal solo intento di pervenire alla prescrizione del reato o ad altro beneficio concernente comunque l'estinzione del reato o della pena»; e infine le udienze preliminari - l'imbuto dove i procedimenti s'impantanano - la cui durata supera ormai quella del dibattimento.
Senza dimenticare le gravi carenze di organico tra le cancellerie e il personale amministrativo, fondamentali per assicurare un servizio efficiente al cittadino.

RICHIESTE DI PROROGA.
Una spiegazione, che vale per l'intera giustizia abruzzese, è legata secondo il pg anche all'incremento del numero delle richieste di proroga dei termini di conclusione delle indagini preliminari. Se, come rileva Falcone, «la richiesta di proroga può trovare adeguata giustificazione per i procedimenti più complessi, che necessitano di accertamenti di non semplice soluzione e di consulenze talvolta di rilevante entità», appare invece del tutto ingiustificata per i procedimenti di semplice definizione o comunque non connotati da difficoltà rilevanti. E questo proprio in relazione al dovere di osservanza del principio della ragionevole durata del processo.

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