Veleni di Bussi, nove Comuni in causa per i risarcimenti

Via alla battaglia civile dopo la sentenza con 10 condanne per disastro colposo. La Regione pronta a fare da apripista: scontro in tribunale con la Edison

PESCARA. Il Comune di Pescara, poi quelli di Bussi, Chieti e altre 6 amministrazioni. E ancora l’Ato e l’Aca, la Regione e la Provincia di Pescara e anche la presidenza del Consiglio dei ministri. Sono gli enti pronti ad avviare una maxi causa civile per il risarcimento danni legato alla discarica di Bussi. E alle istituzioni si aggiungono anche 7 associazioni ambientaliste e una famiglia di Bussi, proprietaria di una casa che si affaccia sui veleni nascosti. Dopo la sentenza della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila che ha disposto 10 condanne per disastro colposo, si aprirà un nuovo scontro giudiziario. Che potrebbe durare anche più di dieci anni. È la battaglia più importante, quella per i soldi e per la bonifica di quelle 600-700 tonnellate di rifiuti tossici seppellite tra i fiumi Tirino e Pescara. Una bomba che, secondo gli ultimi studi dell’Arta, non è affatto disinnescata ma che continua a rilasciare inquinamento nella falda acquifera. Un disastro che unisce passato, presente e futuro. Proprio nella zona in cui si concentra un terzo delle acque d’Abruzzo.

Dopo le condanne, la prossima mossa spetta alle istituzioni abruzzesi. La sentenza aquilana ha disposto una pioggia di provvisionali: la più alta di tutte all’Ato, l’ente d’ambito che gestisce il ciclo dell’acqua in Abruzzo, pari a un milione e 10 mila euro; poi 500 mila a testa per Regione e commissariato delegato per il bacino Aterno-Pescara; 200 mila al Comune di Pescara e 100 mila a testa per Bussi, Tocco da Casauria, Castiglione a Casauria e Chieti. E adesso? Il nuovo capitolo della lunga storia di Bussi porterà al tribunale civile. Cristina Gerardis, avvocato dello Stato nel processo e direttore generale della Regione, ha già tracciato la via: i danni saranno chiesti alla Edison. Ma ci vorrà tempo. Tanto tempo.

E il sindaco di Bussi, Salvatore Lagatta di Rifondazione comunista, lo sa bene: «Il processo doveva processare la Montedison e, invece, è stato celebrato nei confronti di alcuni personaggi», dice, «io sarò soddisfatto solo nel momento in cui si farà la bonifica delle aree 2A e 2B e della Tre Monti, altrimenti non avremo ottenuto alcun risultato». Le condanne penali – solo virtuali perché già estinte – non hanno valore se i veleni restano sotto terra, osserva il sindaco: «Ora dopo l’entusiasmo mediatico per la sentenza, a Bussi la situazione resta drammatica perché», dice Lagatta, «chi ha inquinato davvero non pagherà, almeno per ora: l’unica gioia, ripeto, arriverà quando inizierà la bonifica e se oltre alla bonifica ci sarà anche la reindustrializzazione sarà ancora meglio. Senza bonifica e nuove imprese, la sentenza resterà un’operazione mediatica che, tra una settimana, sarà già dimenticata. Invece, la mia speranza è che la bonifica la paghi chi ha inquinato davvero».

Il collegio giudicante, guidato dal presidente Luigi Catelli, ha disposto risarcimenti immediati come provvisionali e rimborso delle spese processuali alle parti civili per complessivi 3 milioni e 716 mila euro, di cui circa 600 mila per le parcelle legali dal primo grado di giudizio. Ma la quota dei risarcimenti del danno sarà di certo più ingente perché saranno stabiliti in un giudizio separato, cioè la maxi causa civile che opporrà gli enti abruzzesi al colosso della chimica italiana. In aula si ritroveranno, da una parte, 9 amministrazioni comunali, da Pescara e Chieti fino ai centri della Val Pescara – come Tocco da Casauria, il paese dei pozzi Sant’Angelo di acqua potabile chiusi per inquinamento – l’Ato e l’Aca, la Regione, la Provincia, la presidenza del Consiglio dei ministri, gli ambientalisti e una famiglia di residenti e, dall’altra, il colosso della chimica: sarà la causa civile più importante della storia d’Abruzzo. L’unica speranza per ridare dignità a un territorio ferito. Un territorio che si è sacrificato all’altare del lavoro e, in cambio, ha ottenuto la discarica abusiva più grande d’Europa. Una discarica (ri)scoperta nel 2007 e ancora lì.

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