Simona Cordisco, play ortonese della Virtus Bologna, serie A1

IL PERSONAGGIO

Cordisco, ingegnere in campo e fuori 

L’ortonese, 27 anni, play della Virtus Bologna e dirigente della Philip Morris: «Tanti sacrifici ma sono una donna felice»

ORTONA. Ingegnere in campo e nella vita. A 27 anni è un’anomalia Simona Cordisco, perché gioca in serie A1 di pallacanestro femminile e lavora. Ha messo subito all’incasso la laurea in ingegneria industriale gestionale senza rinunciare alla passione per la pallacanestro. Nel movimento è l’eccezione che conferma la regola. In A1 femminile, malgrado il professionismo sia ancora lontano, solitamente ci sono ragazze che si allenano e giocano. Nient’altro. Tutt’al più danno una mano al settore giovanile allenando i ragazzi. La play ortonese, invece, gioca ad alti livelli ed è alle dipendenze della Philip Morris International, sempre a Bologna. «Da tre anni lavoro in questa grande azienda, sono people manager, lavoro al dipartimento di produzione. Sono al comando di un team di 30 persone che si occupa della realizzazione delle sigarette. Si parte dal tabacco fino al prodotto finito, anche alla stecca oltre che al pacchetto. In questo momento ci stiamo occupando della Iqos, una sigaretta nuova».

Simona il giorno della laurea in Ingegneria industriale gestionale

E come è arrivata alla Philip Morris? «Semplice, dopo la laurea nel 2016, ho inviato il curriculum a diverse aziende. La Philip Morris mi ha chiamato, ho fatto un colloquio e mi hanno preso». Tutto facile se non fosse che in Italia è dura trovare lavoro, tanto più per chi fa sport agonistico ad alti livelli. «Io ho fatto una scelta a un certo punto del mio cammino, dedicandomi alla finalizzazione degli studi universitari. Ovviamente, ho rallentato con il basket, ma senza mai fermarmi. Magari avrei potuto avere una carriera migliore. Ma sono soddisfatta di quello che ho».
Come fa a conciliare lavoro e basket? «Grazie alla collaborazione dei dirigenti dell’azienda e di quelli della società. Io ci metto del mio, ma devo ringraziare anche chi mi accetta per quella che sono. Mi alzo la mattina alle 6,30; per le 7,30-8 sono al lavoro. Lì resto fino alle 18, dopodiché di corsa verso la palestra dove mi alleno per almeno un paio d’ore. Ovviamente, il tempo di arrivare a casa e di mangiare qualcosa crollo e mi addormento. Ma vado a dormire entusiasta, pur dovendo fare delle rinunce. La mia vita sociale è annullata, ma ognuna delle due occupazioni mi rende una donna felice». La stagione in campo procede tra alti e bassi. Un infortunio muscolare (con ricaduta) l’ha costretta a un lungo stop. E la squadra naviga nei bassifondi della classifica. «Ma due settimane fa abbiamo battuto la capolista Ragusa, riusciremo a fare bene». Una donna entusiasta. «Le mie caratteristiche? Sul campo cerco di organizzare il gioco e di privilegiare gli assist».

Professionista del basket e dirigente d'azienda alla Philip Morris

Il passato. Simona Cordisco ha iniziato a giocare a pallacanestro, a 8 anni, nella sua Ortona, all’istituto Salesiani, con l’Intrepida. In precedenza aveva fatto danza classica. Il primo trasferimento a 14 anni a Pescara per giocare in serie B con l’Adriatica. Poi, a Chieti, con il Cus in serie A2. Infine il grande salto e la decisione di andare a Bologna e, con il diploma al Liceo Scientifico, coltivare il doppio binario università-pallacanestro. «Ho giocato in A2 con la Libertas», racconta. «Nei primi tre anni bolognesi ho fatto università e Libertas. Ma a un certo punto ho deciso di privilegiare gli studi e così nel 2015 sono andata a giocare in serie B nel Basket Progresso del compianto giornalista Gianfranco Civolani. Lì ho fatto una stagione di serie B, una di A3 e poi il salto in A2. In totale cinque anni. Nell’ultima stagione abbiamo vinto la A2, ma non c’erano i fondi per fare la A1. C’era il rischio di tornare indietro e, invece, la gloriosa Virtus ha deciso di rilevare il titolo e di gestire anche la squadra femminile, coronando il nostro sogno». A Basket City Simona Cordisco si trova a suo agio. «Bello giocare al PalaDozza, bello andare in giro per la città e vedere che la gente ti riconosce. Qui si mangia pane e pallacanestro, se non vivi certe sensazioni non puoi capirle». A Bologna ci sono due giocatori di Chieti: Giampaolo Ricci nella Virtus e Stefano Mancinelli nella Fortitudo. «Ho grandissima stima di Giampaolo Ricci come giocatore, è l’esatta dimostrazione del giocatore che si è costruito con la forza di volontà e lo spirito di sacrificio, mentre Mancinelli non lo conosco di persona, ma è uno che è stato anche capitano della Nazionale, quindi...».
La famiglia. Ci sono papà Domenico pensionato, mamma Lucia, impiegata di banca, e la sorella Federica, di 29 anni, che vive a Milano. «Il mio ringraziamento va ai genitori che hanno fatto tanti sacrifici per assecondare le mie esigenze. Per quanto riguarda il basket, devo tanto a Franco Ghilardi (oggi allenatore delle Panthers Roseto, ndr), il coach della svolta. Poi Giancarlo Giroldi,  perché mi ha fatto vivere grandi emozioni». A Bologna risiede, lavora e pensa di restare, ma... «Ortona è Ortona. Mi manca il mare. Avverto la mancanza del Lido Riccio».
@roccocoletti1.

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