Da Fiorillo a Memushaj: «Basta, annulliamo tutto e riduciamoci gli stipendi» 

I giocatori del Pescara in videochat dicono la loro sull’emergenza Melegoni: che dolore per la mia Bergamo, grazie di cuore ai medici

PESCARA. Chiusi in casa ingannano il tempo allenandosi, leggendo, guardando film, ma anche intrattenendo i tifosi via social. Il Pescara, ieri, ha chiamato a raccolta davanti allo schermo del pc o dello smartphone il portiere Vincenzo Fiorillo, i centrocampisti Ledian Memushaj e Filippo Melegoni e il difensore Mirko Drudi.
I quattro biancazzurri per oltre un’ora hanno risposto alle domande dei giornalisti collegati in video streaming. In coro, i biancazzurri, hanno detto: «Basta al campionato», aggiungendo poi. «È giusto che i calciatori si riducano lo stipendio», i due passaggi più interessanti della lunga intervista multipla.
Il capitano Vincenzo Fiorillo: «Le mie giornate, per fortuna, trascorrono i maniera veloce visto che sono a casa con i miei figli, i quali mi portano via tanto tempo, come giusto che sia. Mi sto godendo la famiglia. Noi calciatori siamo un privilegiati e per questo motivo il mio pensiero va a tutti coloro che sono in difficoltà con il lavoro e che sono chiusi in casa». Il 30enne portierone biancazzurro, poi, analizza il momento che sta vivendo il mondo del calcio e non solo. «Da questa situazione ne usciremo a pezzi a livello economico e mi auguro che, dopo aver fatto ripartire l’economia, sotto il profilo umano e sociale si possa prendere d’insegnamento quello che è successo per ricreare una società migliore. Terminare il campionato? La vedo dura perché in questo momento ci sono altre priorità e il calcio, come giusto che sia, passa in secondo piano. Secondo me difficilmente si ripartirà e dobbiamo iniziare a valutare lo stop al campionato».
Fiorillo, poi, che è anche membro dell’Assocalciatori, apre in maniera totale alla riduzione degli stipendi. «Da parte nostra e credo anche dall’Assocalciatori c’è l’apertura totale. Forse per alcune realtà di B e quelle di C verranno fatte valutazioni diverse, come la cassa integrazione, ma è giusto che tutto il mondo del calcio faccia un passo indietro. Anche in prospettiva, per provare poi a far ripartire l’azienda calcio in modo diverso. Non solo i calciatori, ma anche coloro che orbitano attorno alle squadre dovranno mettersi una mano sulla coscienza. In questo momento andare allo scontro non serve a nulla, dobbiamo essere tutti collaborativi».
Il 20enne Filippo Melegoni ha deciso di trovarsi un compagno di viaggio per questa “quarantena”: «Da qualche giorno mi sono trasferito a casa di Luca Clemenza (trequartista biancazzurro, ndr), che vive vicino casa mia. Stare da soli è dura e quindi abbiamo preferito vivere insieme questo periodo particolare. Ci alleniamo e tanto tempo lo dedichiamo alla palestra per tenerci in forma».
Melegoni questi giorni lì vive con particolare angoscia: «Sono bergamasco e il mio pensiero va alla città. Sento sempre i miei genitori che vivono ad Alzano, l’epicentro dell’epidemia. Mi raccontano una Bergamo surreale, dove c’è un silenzio assordante rotto solo dal suono delle sirene delle ambulanze. Gli ospedali sono pieni ed è un problema serio anche per coloro che dovrebbero andarci per altri motivi, non legati al virus, e non possono perché rischiano il contagio. È tutto davvero molto brutto. Il campionato? In una situazione del genere è inutile farlo ripartire. In questo momento il mio pensiero va a tutti i medici e agli operatori sanitari che sono in trincea a salvare vite umane».
Il vice capitano Ledian Memushaj saluta tutti dalla sua casa in pieno centro a Pescara, usando come sfondo un poster del ponte di Brooklyn, a New York City. «Speriamo di tornarci presto», sorride. «Queste sono giornate pesanti, surreali e tristi. Sono in casa come tutti e spero tanto che questo periodo passi in fretta. In questo momento parlare di calcio è quasi impossibile, anche se in Italia l’azienda calcio è la terza industria del paese e in futuro, non tanto per i calciatori, ma per tutto l’indotto, bisogna salvaguardare anche i posti di lavoro. Adesso è presto per parlarne, però, e lo si farà tra qualche mese. Si tornerà a giocare? Non credo. Sono d’accordo sul fatto che i calciatori debbano tagliarsi gli stipendi, ma anche chi occupa le posizioni di vertice in questo mondo dovrebbe dare l’esempio».
Il difensore Mirko Drudi: «La mia famiglia è qui con me a Pescara. Mio figlio occupa tutto il nostro tempo e passo le intere giornate a giocare con lui. L’unico svago, se così si può chiamare, è portare fuori il cane qui vicino casa un paio di volte al giorno». Anche il 33enne difensore romagnolo è d’accordo con i suoi compagni di squadra. «Riniziare a giocare per finire il campionato a luglio? Non sono ottimista. Secondo me è meglio finirla così e ripartire con una nuova stagione, la prossima. Ora pensiamo alla salute delle persone, poi il resto si vedrà. Stiamo tutti a casa e atteniamoci alle disposizioni del governo».
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