Il Pescara coccola il gioiello Inglese

Da Vasto al primo gol in biancazzurro, la storia del giovane attaccante

PESCARA. Una bella storia di provincia tra pallone e libri. I primi calci li tirava nella squadra della sua parrocchia. Gli ultimi domenica, a Ravenna, quando ha anche realizzato un gol. Faccia pulita da 18enne. Timido fuori, ma sfrontato in campo. Nel tempo libero studia, perché il suo primo obiettivo è finire il liceo scientifico.
Roberto Inglese da Vasto, classe 1991, è il ritratto di un ragazzo normale. Ma nella sua domenica bestiale appena trascorsa c’è poco di normale. Esordio dal primo minuto, maglia numero 11 sulla schiena. Pronti, via ed ecco il gol. Lui parla già da vero professionista nonostante l’euforia.
«Sono felice per il gol, ma peccato per il pareggio», sono state le sue parole al 91’ di Ravenna-Pescara.

Eppure qualcuno l’aveva già detto. «Roberto è nato professionista», racconta Lucio Rullo, il primo allenatore di Inglese ai tempi della Virtus Vasto. «Lui vive solo per il calcio», continua e si sbilancia: «Fidatevi, arriverà in serie A», poche frasi significative quelle del «primo padre» calcistico. Rullo nel giugno 2006, per poche migliaia di euro, diede Inglese al Pescara.
Il talent scout Cetteo Di Mascio, ex responsabile del settore giovanile biancazzurro, ricorda ancora quella trattativa. «Ci misi tre settimane per convincere la Virtus Vasto. Inglese mi fu segnalato da Silvano Crisante e appena io, insieme al mio staff, l’ho visto all’opera non ho esitato nel tesserarlo».

Già a 15 anni aveva la stoffa del campione. «E’ un talento», afferma Di Mascio. «Nel maggio 2007 era già in Primavera con me. Ricordo che venne in panchina contro la Juve di Giovinco e De Ceglie. Era il più piccolo di tutti».
E racconta un aneddoto importante. «E’ un ragazzo genuino, calmo e con sani principi morali. Ricordo che una volta andai nel convitto dove vivono i ragazzi delle giovanili per controllarli. Alle 9 di sera c’era chi giocava al computer, chi parlava al telefono o chi era uscito con la ragazza. Inglese era in camera che studiava».

Già, lo sbarbatello di Vasto ama la scuola e i professori dicono che va molto bene. Anzi, ha voti altissimi. Calcolando come va il mondo del calcio, tutto bollicine, auto potenti, vestiti griffati e poca cultura, Roberto Inglese è una mosca bianca.
Possente, buoni piedi, intelligenza tattica. Ingredienti che fanno di Roberto Inglese un giocatore ambito da tanti club di serie A. «Assomiglia a Zlatan Ibrahimovic», dicono i suoi allenatori vecchi e nuovi. Con la Berretti l’anno scorso realizzò 15 gol e quest’anno ne ha messi a segno 9, ma il campionato non è ancora finito.

«Con la Lega Pro (ex serie C, ndc) non c’entra nulla», sottolinea l’allenatore della Berretti, Antonio Cipriani. «Se continuerà a lavorare in tranquillità arriverà lontano. E’ il connubio perfetto tra forza fisica e tecnica».
Merito a chi l’ha scoperto, a chi lo ha allenato. Merito, però, a chi lo ha lanciato tra i Pro: «Deve continuare a lavorare con i piedi piantati a terra», ammonisce Eusebio Di Francesco. «E’ forte e lui lo sa, ma non deve fermarsi adesso. Mi ha dimostrato che può far parte in pianta stabile del Pescara».

Il calcio al pallone è stato tirato, il libro della sua storia è appena cominciato.

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