L'esultanza dei giocatori della Nazionale

PALLA AL CENTRO

La Nazionale cresce, ma guai a illudersi

È bello vedere l’alone di positività ed entusiasmo che avvolge la Nazionale. Sono i segnali di ripresa dopo la depressione figlia della mancata qualificazione ai Mondiali del 2018. Di questo va dato atto a Roberto Mancini, avviato a eguagliare il record di nove vittorie di fila sulla panchina della Nazionale, il quale dalle macerie post Ventura ha cominciato a erigere una struttura a sua immagine e somiglianza. Qualificarsi a Euro 2020 era il minimo sindacale, ma l’obiettivo è stato centrato bene. Si vede un progetto tecnico dietro il passaggio del turno. Ora bisogna verificarne lo spessore e questo lo si potrà fare quando il livello degli avversari lieviterà, perché l’errore più grave da compiere adesso è quello di pensare di essere tornati una potenza del calcio mondiale. Assolutamente no, è stato solo avviato un processo di rinascita. Una ripresa (lenta) che coinvolge anche il campionato in un momento particolare del Paese. L’entusiasmo che sprigiona e determina la Nazionale è un propellente fondamentale. La prossima estate ci saranno gli Europei, il primo step per verificare i nostri progressi. Nel frattempo, sarebbe il caso che l’Uefa riconsiderasse l’assegnazione della finale di Champions League a Istanbul. Si giocherà allo stadio Olimpico Atatürk, il 30 maggio 2020, secondo quanto stabilito dai vertici del calcio europeo che certamente non potevano immaginare l’attacco turco ordinato da Erdogan contro i curdi. Però, lo sport non si può mischiare con il sangue della guerra, a nessun livello. Non c’è business che tenga. E non può tollerare scene come quelle dei calciatori turchi che esibiscono il saluto militare durante una partita di calcio mentre il governo ordina morti e feriti. L’Uefa ha fatto sapere che verificherà. Non basta, serve una presa di distanza netta e chiara. A costo di cambiare la sede della prossima finale di Champions. Lo stesso dicasi per la finale della Supercoppa italiana in Arabia Saudita dove i diritti umani in certi casi sembrano degli optional. Il calcio - e più in generale lo sport - non può essere complice di chi persegue nell’arretratezza culturale, nell’uso della forza e rifiuta di adeguare il grado di civiltà delle popolazioni.
@roccocoletti1. ©RIPRODUZIONE RISERVATA