Bepi Pillon

L'INTERVISTA

Pillon: il calcio è la mia vita ma la salute non ha prezzo 

L’ex tecnico del Pescara si è dimesso dal Cosenza dopo l’esplosione della pandemia «Avevo tanta paura e star lontano da Treviso non era facile. Ora mi occupo dell’orto»

PESCARA. «A Pescara come va? Non fatemi stare in pensiero». Bepi Pillon risponde al primo squillo. L’ex allenatore biancazzurro racconta al Centro perché, con una scelta per alcuni controcorrente, ha deciso di rinunciare alla panchina del Cosenza, e ai soldi, lo scorso 18 marzo, una settimana dopo lo stop agli allenamenti per l’emergenza coronavirus.
Pillon, è pentito della scelta fatta?
«No, assolutamente. La salute viene prima di tutto il resto. Questo ovviamente ha portato a fare delle scelte, non dettate dalla mia passione per il calcio o dalla mia dedizione al lavoro, ma guidate dal buon senso e dalle problematiche che stiamo affrontando qui in Veneto. Sarebbe stata ingestibile la distanza Treviso-Cosenza, data la situazione attuale che l'Italia sta attraversando».
Ha rinunciato al posto di lavoro e all’ingaggio. Non è cosa da poco.
«La salute e la tutela della famiglia non hanno prezzo. Rifarei mille volte la stessa scelta».
Come e quando è nata la decisione di mollare tutto?
«Dopo il posticipo del 9 marzo contro il Chievo, era l’ ultima partita prima che il campionato si fermasse. Dopo la gara da Verona sono andato direttamente a casa mia, a Mogliano Veneto. Lì mi sono messo a riflettere, ho pensato che se fossi tornato in Calabria mi sarei dovuto mettere in quarantena e ho capito che da Cosenza andare a Treviso per tornare ogni tanto a casa, con tutte le restrizioni, sarebbe stato complicato. Oltretutto con il nostro continuo andare per aeroporti avrei messo a rischio me stesso e i miei familiari. Poi, quando l’8 marzo siamo arrivati con il Cosenza all’aeroporto di Bergamo, ho avvertito una sensazione strana. Ho avuto paura. Anche in campo ho avvertito la stessa sensazione. Quella partita non si sarebbe dovuta giocare».
Come sta vivendo questa situazione di emergenza?
«Ringraziando Dio in famiglia stiamo tutti bene. In Veneto per fortuna abbiamo il governatore Zaia che sa gestire le cose. Non ne faccio una questione politica, ma sta facendo un gran lavoro. Poche parole e molti fatti».
I campionati riprenderanno?
«Non sarà facile e chi dovrà decidere avrà delle enormi responsabilità. Il calcio è uno sport di squadra e di contatto. Come faranno a garantire la sicurezza? Senza considerare i ritiri e le possibili gare da giocare al sud, in campo neutro. Oltre ai tamponi. Credo che ci sia anche un lato morale, su quest’aspetto e forse i tamponi servirebbero più ad altre persone. Vedo una situazione molto complessa. In serie A, soprattutto, ci sono in ballo tanti soldi legati ai diritti tv e posso capire il danno che il sistema subirebbe. Anche in B ci sarebbero delle ripercussioni. Quindi, forse, si proverà a far qualcosa per questi due tornei. In serie C la vedo dura riprendere, visto che i presidenti stanno pensando a salvare le proprie aziende. Anche il mondo dei dilettanti è a forte rischio. Il mondo del calcio dopo questa pandemia cambierà completamente, spero in meglio».
Cosa fa in questi giorni a Mogliano Veneto?
«Sono a casa con la famiglia. Per fortuna due dei miei tre figli sono con noi. Ho il privilegio di vivere in campagna e quindi gran parte del tempo posso dedicarlo all’orto e al giardinaggio. Mi piace molto stare a contatto con la natura».
Pensa mai a Pescara?
«Ho trascorso quasi due anni stupendi, come potrei dimenticare città e tifosi? Tempo fa mi hanno chiesto: Pillon, qual è la tappa più esaltante della mia carriera?»
E lei cosa ha risposto?
«Pescara, semplice. Abbiamo fatto delle cose straordinarie. Il primo anno con una salvezza difficile, poi, l’anno scorso, abbiamo sfiorato la finale play off. In estate indicavano il Pescara come una delle candidate alla salvezza, invece abbiamo stupito tutti e ne vado orgoglioso».
Quest’anno il cammino è stato altalenante. Se l’aspettava?
«No, perché la squadra è buona. Devo dire, però, che i tanti infortuni hanno condizionato l’andamento».
Dopo l’esonero di Zauri, quanto è stato vicino al ritorno in biancazzurro?
«Tanto. A gennaio mi chiamò il ds Repetto, con il quale ho rapporto splendido, per chiedermi la disponibilità a tornare in panchina».
Lo ha fatto?
«Certo, ma poi la società giustamente ha fatto altre scelte».
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