TOTONERO / IL BLITZ DEL 23 MARZO 1980

Quei calciatori in manette, lo scandalo 40 anni dopo 

Scoppia il primo caso di partite truccate: atleti fermati all’interno degli stadi. Due pagine di articoli e testimonianze sul Centro in edicola

C’è un giorno - il 23 marzo 1980 - in cui il calcio ha perso la sua illibatezza. Era una domenica di pioggia e all’imbrunire, verso le cinque del pomeriggio, dopo le partite, polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno fatto irruzione negli spogliatoi degli stadi.

Il Centro in edicola oggi, lunedì 23 marzo, ricorda quel giorno con due pagine di articoli e testimonianze.

Dodici arresti, tra calciatori e dirigenti per truffa. Più mandati di comparizione. In pratica, l’inverosimile, lo scandalo del Totonero, il primo che ha sconvolto il mondo del pallone.
Un commerciante romano di ortofrutta, Massimo Cruciani, il primo marzo aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, dichiarando che era stato truffato. Cruciani era il fornitore del ristorante di proprietà di Alvaro Trinca. Tramite Trinca era venuto in contatto con alcuni calciatori che lo avevano indotto a scommettere clandestinamente su alcune partite truccate di serie A. Non tutti i risultati concordati, però, si erano verificati e lui ci aveva rimesso centinaia di milioni, così come altri scommettitori clandestini.

Coinvolti giocatori, allenatori e dirigenti. I vertici federali, all’epoca, cercarono finché possibile di non rendere pubblica la peste proprio nell'anno degli Europei. Ma Massimo Cruciani, stufo di aspettare, va in Procura, togliendo il coperchio dalla pentola del minestrone e sputò il rospo: «Sono rovinato», disse, «eppure vivo ancora nel terrore di minacce e rappresaglie». A distanza di poco più di venti giorni il blitz ordinato dai magistrati Monsurrò e Roselli negli stadi di serie A, all’Olimpico di Roma, a Milano, a Genova, a Pescara, ad Avellino e a Palermo.
Le manette scattarono per i giocatori Stefano Pellegrini dell'Avellino, Sergio Girardi del Genoa, Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Giuseppe Wilson della Lazio, Claudio Merlo del Lecce, Enrico Albertosi e Giorgio Morini del Milan, Guido Magherini del Palermo, Gianfranco Casarsa, Mauro Della Martira e Luciano Zecchini del Perugia. Altri ricevettero ordini di comparizione, tra cui Paolo Rossi del Perugia, Giuseppe Dossena e Giuseppe Savoldi del Bologna, e Oscar Damiani del Napoli.
A Pescara quel 23 marzo 1980 c’era la Lazio, battuta 2-0. E a 90° Minuto e nelle edizioni serali dei tg ecco le immagini delle macchine delle forze dell’ordine sulle piste di atletica per portare via quelli che erano gli idoli del pallone. Uno choc. Erano i tempi di “Tutto il calcio minuto per minuto” e in Italia impazzava Toto Cotugno, fresco vincitore del festival di Sanremo con «Solo noi». Lo stipendio medio di un calciatore era di 8 milioni di vecchie lire al mese, quello di un operaio 600 mila.
Il Pescara fu lambito dall’inchiesta, fu uno dei tre club prosciolti insieme a Juventus e Napoli. Si era parlato di un Pescara-Fiorentina dell’andata chiacchierato, ma la giustizia sportiva non prese provvedimenti al riguardo. Squalifiche e penalizzazioni hanno riscritto le classifiche di serie A e B. Sul piano penale, invece, a distanza di mesi tutti assolti perché all’epoca non esisteva il reato (poi introdotto nell’ordinamento) di frode sportiva.
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