Rimontona Olanda
Orange sull’orlo del baratro, Sneijder e Huntelaar in gol nel finale
INVIATO A FORTALEZA. Giulio Verne ci ha raccontato un fantastico giro del mondo in 80 giorni, l’Olanda l’ha rovesciato in sei minuti. I messicani erano già lì che festeggiavano per una storica qualificazione, tra sombreri e balli, poi tra l’87’ e il 93’ è successo tutto ciò che non era riuscito all’Olanda in una partita intera: trovare il gol. Non uno, ma due, trasformando l’1-0 per il Messico in un pazzesco 2-1 grazie prima a Snejider e poi a Robben che proprio al 91’ si è conquistato un rigore trasformato due minuti dopo dalla nostra vecchia conoscenza Huntelaar.
Vanno avanti gli orange ma onore a questo Messico, cresciuto in modo esponenziale rispetto a un anno fa quando alla Confederations rimediò figure poco esaltanti. Anzi, guardando il Messico ci siamo resi conto di come l’Italia doveva disputare il suo Mondiale: loro non hanno fenomeni (come noi) però mordono, corrono, hanno un’identità tattica che ci ricorda il nostro passato (chiusi e pronti a ripartire) di cui non si vergognano, e hanno fatto di necessità virtù. Impariamo anche da loro.
Il primo time out. 32 gradi, umidità, fatica a respirare non solo in campo ma anche in tribuna. E così Olanda-Messico è diventata la partita del primo time out della storia del calcio. È successo al 31’ del primo tempo quando l’arbitro portoghese Proenca ha deciso di sospendere il gioco per consentire ai giocatori di riprendere fiato e rinfrescarsi: uno stop, come previsto dalle regole Fifa, durato tre minuti. Nella ripresa il bis.
Niente siesta. Il Messico comunque ha interpretato bene la partita sin dai primi minuti, coperto e molto a suo agio in un 5-3-2 vero (e non spacciato per 3-5-2 come fanno metà degli allenatori italiani), per niente allungato, sempre compatto soprattutto nella zona centrale del campo dove il 3-4-1-2 dell’Olanda andava spesso in inferiorità, perché Sneijder faticava in fase di copertura. In questa ottica anche l’infortunio di De Jong dopo appena 9’ poteva lasciare il segno, visto che Martins Indi ha potenza ma tecnicamente dà molto meno nel possesso palla.
Non è un caso che le migliori occasioni nei primi 45’ siano state proprio per il Messico con Herrera e Dos Santos, mentre l’Olanda faceva fatica soprattutto a verticalizzare, limitando la sua manovra a possesso di palla sterile, senza profondità per Van Persie, mentre Robben non trovava spazi.
Santos subito. E la partita rischiava di complicarsi ancor di più quando Giovanni Dos Santos al 3’ della ripresa ha trovato il gol del vantaggio messicano, un gran sinistro che ha trafitto Cillessen. A quel punto l’Olanda ha iniziato a riversarsi nella metà campo del Messico, sbattendo prima su una difesa tosta e poi sull’ultimo baluardo, il portiere Ochoa, protagonista assoluto del Mondiale. Ecco, se proprio dobbiamo trovare un difetto al Messico, è quello di non aver provato ad affondare in contropiede in quei minuti, quando l’Olanda ormai attaccava disperata.
Sei minuti pazzeschi. Sembrava tutto finito e invece proprio quando aspettavamo i titoli di coda, è arrivato il finale a sorpresa con protagonista Huntelaar, entrato al posto di Van Persie. Prima l’ex milanista ha fatto la sponda da angolo per il siluro di Sneijder dell’1-1, e poi ha trasformato il rigore conquistato da Robben dopo un fallo ingenuo di Rafa Márquez.
Gioia e crudeltà nel giro di pochi secondi, emozioni di un Mondiale che inizia davvero a conquistarci.
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