Uno tsunami d’amore fa esplodere la città: è la notte del Pescara

Lungomare in tilt per festeggiare la promozione del Delfino in Serie B , presa d’assalto la Nave di Cascella. I festeggiamenti della squadra in uno stabilimento
PESCARA. Uno tsunami d’amore si alza dallo stadio Adriatico-Cornacchia. Una grande onda biancazzurra che entra in ogni strada, bussa alle porte di case, negozi, ristoranti, fino ad arrivare alla fontana della Nave di Cascella in un boato di clacson, fumogeni, cori e canti. Dovrà arrivare l’alba del giorno successivo prima che la marea si abbassi. «Già lo so, che l’anno prossimo, gioco di sabato» cantano le migliaia e migliaia di tifosi del Pescara scesi in strada per tutta la notte, per festeggiare una delle promozioni in Serie B più emozionanti di sempre. L’inferiorità numerica, il gol degli avversari e la lotteria dei rigori conclusa con il grido liberatorio di un’intera città. E così, ecco un nuovo capitolo di storia scritto dai ragazzi di mister Baldini e, anche, da chi li ha supportati: dietro il successo di una grande squadra c’è sempre una grande tifoseria. Che ieri ha fatto vedere a tutta Italia perché merita palcoscenici più importanti della Lega Pro.
SI ALZA L’ONDA. Mezzanotte e dieci. Arriva il triplice fischio dell’arbitro. L’onda biancazzurra comincia a montare. Lacrime di gioia, abbracci e sorrisi sono quello che si vede su via Pepe mentre i tifosi defluiscono - lentamente - dallo Stadio. Un papà cammina con il suo bambino sulle spalle. Avrà al massimo quattro anni, ma difficilmente si scorderà quello che vede da lì in alto. Bandiere, fumogeni, petardi, fuochi d’artificio. L’onda diventa sempre più grande. L’impressione è che a casa, ormai, non ci sia più nessuno. Sono in migliaia, ma sembra una sola la voce che si sente fuori dallo stadio. «M’innamoro solo se... Vedo giocare il Pescara… Magico Pescara vola… E la curva s’innamora». Poi: «Già lo so… Che l’anno prossimo… Gioco di sabato». Ma il coro che si sente di più è quello che ha reso famoso la Curva Nord lungo tutto lo Stivale: «Gente di mare… Che se ne va...». Qualcuno aggiunge un nuovo verso: «In serie B, se ne va in serie B». Gli steward ormai hanno mandato via tutti. All’Adriatico-Cornacchia sono rimasti solo giocatori e staff tecnico. Ai tifosi non resta che andare nel posto del cuore biancazzurro. Neanche a dirlo, di fronte al mare.
IN OGNI STRADA, IN OGNI CASA. Chi ha visto la partita in centro città è già alla Nave di Cascella, storico teatro di festeggiamenti biancazzurri. Lo segnalano i tantissimi fuochi d’artificio che si vedono a chilometri di distanza. La marea comincia a muoversi tra il lungomare e via Marconi. L’aria di festa ribalta il significato dei comportamenti sociali. Il traffico, di norma causa di frustrazione, non è altro che un altro momento di celebrazione. Da macchina a macchina (tutte munite di bandiera biancazzurra) ci si guarda e si continua a cantare il mitico pezzo di Raf e Umberto Tozzi. I clacson suonano all’impazzata, ma nessuno vuole superare nessuno. Su via Marconi c’è un piccolo stand che vende magliette. C’è già la fila per comprarle. “B, scusate il ritardo!”, è scritto sopra. Qualcuno ha scelto di puntare sulla promozione ben prima del triplice fischio. E ha avuto ragione. Le strade sono piene. Dai palazzi, invece, non si vede neanche una luce. Sono tutti usciti. Tutti di corsa raggiungono la Nave, da dove continuano a esplodere i fuochi d’artificio.
IL POSTO DEL CUORE. L’onda è quasi arrivata al suo punto di raccolta. Da piazza Sacro Cuore a piazza Salotto, i tifosi di tutte le età camminano in una sola direzione. Giovani, adulti, bambini: la festa della promozione unisce generazioni di pescaresi. Sono quasi le due, ma per tutti loro la notte è appena iniziata. Anche per il bimbo sulle spalle del papà. Non sembra per niente stanco: qualche tifoso deve avergli regalato una piccola bandiera a scacchi biancazzurra e lui la sventola con foga, divertito. Oltre ai cori, si moltiplicano gli striscioni. “Bond, Pescara Bond” è scritto su uno. Dalla Nave di Cascella si moltiplicano i fumogeni, alcuni rossi e molti bianco e azzurri. Probabilmente la festa si vede anche dall’altra sponda del Mar Adriatico. Fischi, balli e canti proseguono. I bar si sono attrezzati per dissetare i tifosi: stand con birre e vino alla spina sono davanti a molti stabilimenti. Passare ora in macchina sul lungomare è impossibile. O almeno, lo è se non si festeggia con chi è in strada, dove un’enorme “B” passa di mano in mano. Un ragazzo ferma una macchina e invita i passeggeri a uscire.
Risate, strombazzate di clacson e strette di mano sono la risposta. Alcuni tifosi piangono ancora. Un gruppo di tifosi è salito “a bordo” della Nave di Cascella. E non sembra intenzionato a scendere. Sono loro ad alzare i cori che il popolo del Pescara canta a squarciagola. Il contrasto tra la luce dei fumogeni e il buio della notte rende l’immagine di questi “marinai” ancora più suggestiva. Intonano uno dei cori più iconici: «Quando esco di casa...Per andare a vedere...A giocare il Pescara». A seguirli è tutta la marea biancazzura, che continua a confluire qui. Certo, qualcuno si distingue dagli altri. Un uomo robusto si aggira sul lungomare senza maglia. I capelli sono tinti di bianco e di azzurro, la faccia è dipinta. Abbraccia chiunque incontra, sembra incontenibile. Poi arriva un urlo: «È arrivato, è arrivato. È il nostro eroe». Chi riesce a sentire queste grida in mezzo al marasma, si scapicolla in quella direzione.
COMPARE L’UOMO RAGNO. Ha parcheggiato a qualche metro dalla Nave. Bicchiere di birra in mano, il supereroe della serata (dalla camminata si vede che è acciaccato) si butta in mezzo alla folla. Quando i tifosi vedono Plizzari, gli saltano addosso, lo abbracciano piangendo lacrime di gioia. «Plizzari ale, Plizzari ale», cantano per lui. Che sorride a tutti e si lascia sommergere da quest’ondata d’amore. Dopo una serie di interventi decisivi e tre rigori parati, non può che essere l’uomo di questa finale. Dietro di lui ci sono il difensore Gaetano Letizia, altro uomo-simbolo di questa cavalcata, ed Edoardo Lancini, costretto sfortunatamente a uscire dopo i primi minuti di gioco. Ma c’è gloria per tutti. Centinaia di tifosi li seguono. «Dove andate, dove andate?», chiedono tutti.
«A uno stabilimento qua vicino, c’è tutta la squadra. Vi prego, ragazzi, fate festeggiare anche me», implora Plizzari divertito. Qualcuno rimarrà davanti al locale fino all’alba pur di abbracciare il proprio idolo. Si sono fatte le quattro. In strada c’è ancora molta gente, ma lentamente la marea si abbassa. Vengono lanciati gli ultimi fumogeni e, alzando lo sguardo, non si vedono più fuochi d’artificio ma solo qualche luce nelle case che torna a essere accesa. La marea non c’è più, ma ha lasciato le tracce del suo passaggio: bicchieri, bandiere, bottiglie di vetro. Niente che non possa essere raccolto e buttato. Quel che rimane invece, è il ricordo indelebile. Si rivede il papà con il suo bambino, che non porta più sulle spalle. Anche il piccolo ha ceduto alla stanchezza e ora dorme sulle sue braccia. La bandiera, però, è ancora stretta tra le mani. C’è da scommetterci che l’anno prossimo la sventolerà all’Adriatico, quando il Pescara giocherà di sabato.
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