Zazzaroni: «Silvio è il calcio, dove passa lascia il segno e l’erba continua a crescere»

Il giornalista racconta il mister che conosce da quasi 30 anni: «È un amico, la sua idea di gioco?Organizzazione difensiva e spazio alla creatività»
«Chi non lo conosce da fuori dice che è matto, anche per il suo aspetto: la barba, il suo energico modo di comunicare. Ma le dico una cosa: dove passa Baldini l’erba continua a crescere». Ivan Zazzaroni, storica firma giornalistica del calcio e oggi direttore del Corriere dello Sport-Stadio, conosce il mister biancazzurro da quasi 30 anni. Sono coetanei (entrambi classe ’58) e hanno lo stesso retroterra calcistico. «In cui la tecnica non va mai svilita», racconta il giornalista. Ma da questa chiacchierata non esce fuori solo il ritratto di Baldini allenatore, ma soprattutto quello di Baldini uomo, che è profondo, sincero e istintivo. In una sola parola: vero.
Zazzaroni, che impressione ha avuto la prima volta che ha visto Silvio Baldini?
«Di avere davanti un capo ultra (ride, ndr)».
Eravate allo stadio?
«Sì, eravamo al Dall’Ara di Bologna per una partita. A presentarmelo fu Luciano Spalletti. Era il 1999 (sospira, ndr). Ormai sono passati tanti anni...».
Come glielo presentò Spalletti?
«Mi disse: “Lui è Silvio Baldini, oggi allena l’Empoli. Diventerà un grande allenatore”».
Oggi in che rapporti siete lei e Baldini?
«L’ho intervistato diverse volte ed è sempre facile farlo, perché ti dà tanto materiale ed escono sempre dialoghi ricchi e profondi. Lui crede molto nella spiritualità. Oggi direi che c’è amicizia, affetto tra noi. Le racconto una cosa».
Prego.
«Qualche anno fa l’ho chiamato per gli auguri di fine anno. E lui l’ha apprezzato tantissimo, ringraziandomi più volte. Io gli dicevo: “Silvio, ma come posso dimenticarmi di te?”. Ci vogliamo bene».
Ha seguito la finale contro la Ternana?
«Ho molta simpatia per la Ternana, ma non potevo non fare il tifo per Silvio. Quel sabato ero a una festa ma non facevo altro che guardare ossessivamente il risultato. Dopo il gol di De Boer mi son detto: qua si rischia di perdere, non so se resisto. Poi ho visto Plizzari parare i rigori e sono esploso di gioia. C’era qualcosa, come dire…».
Di magico?
«Di magia mi ha parlato lui la mattina dopo la finale, quando l’ho chiamato».
Che vi siete detti?
«Verso le 9.30 gli ho telefonato per fargli i complimenti. Lui mi risponde con la voce impastata. Mi dice: “Ivan ho fatto le sei di mattina ma ho commesso l’errore di lasciare acceso il telefono”».
Avrà riattaccato.
«No, no, abbiamo parlato. Mi ha detto che questa vittoria aveva un grande contenuto spirituale. E io non capivo, gli dicevo: “Ma in che senso?”. E allora, nonostante la stanchezza di una notte brava, mi ha raccontato delle difficoltà ambientali, della disponibilità dei ragazzi nei suoi confronti e della portata di questo successo visto il valore contenuto della rosa».
Pensa che abbia ragione? C’è qualcosa di spirituale in questa promozione?
«Sicuramente è stato in grado di creare un’alchimia perfetta. Non vorrei parlare di “miracolo”, ma sicuramente ha raggiunto un risultato sensazionale».
In pochi a inizio anno – e anche dopo i difficili mesi invernali – avrebbero scommesso su questo risultato.
«Silvio è un allenatore con delle qualità uniche. È molto coinvolgente. Io ho giocato a calcio e le dico che i giocatori, specialmente giovani, ti annusano. E lui è credibile. Si ricorda quando andò a Carrara gratis per rilanciarsi? Si fece pagare ma solo dopo la promozione. Sa entrare nella testa dei giocatori. Crea gruppo e alla fine tu, giocatore, dai tutto per lui».
È un uomo fuori dagli schemi?
«Assolutamente. Ma a me piace questa sua originalità, che dovunque va fa bene ma si ritrova sempre ad affrontare dei casini. E poi ogni tanto non si trattiene, perché è uno vero».
Voi siete coetanei: è un qualcosa che vi unisce?
«Abbiamo la stessa età, ma soprattutto proveniamo dallo stesso tipo di calcio. Anzi, senza tipo: dal calcio, quello vero».
Allora parliamo del Baldini allenatore: che tipo di tecnico è?
«Baldini è un uomo che conosce il calcio, anticipatore su certi aspetti, è arrivato prima di molti altri sul una certa disposizione difensiva basata sull’autonomia. Ma il discorso di base di Silvio è quello del coinvolgimento».
Spesso Baldini parla di “valori”.
«Noi giornalisti abusiamo di termini come cuore e anima, ma invece per lui cuore e anima esistono veramente. Lavora sul farti sentire parte di qualcosa di importante. Questi sono i valori su cui punta in maniera seria. Ma queste cose da fuori non si capiscono».
Che intende?
«Vede, io ne parlo così, ma da fuori chi non lo conosce dice che è matto. Anche perché lui ha questo aspetto un po’ particolare. La barba, il modo di fare molto energico, muscolare anche nella comunicazione. Ma le dico una cosa: dove passa Baldini l’erba continua a crescere».
Perché non è in serie A?
«Ci starebbe, ma la sua ascesa in serie A è stata bloccata dal suo carattere. Il fatto di essere così anomalo, così difficilmente gestibile. Litigherebbe con Lega, Fifa, Uefa. Ma dubito che gli dispiaccia di non esserci: non apprezza il calcio di oggi. A me disse che non guardava la serie A».
La serie A fu il teatro dello storico calcio che Baldini, allora tecnico del Catania, diede al mister del Parma, Domenico Di Carlo.
«Vittorio Feltri mi chiese di scrivere un editoriale per il suo giornale su questa storia. Io feci un pezzo quasi difensivo. Scrissi che Baldini è un uomo istintivo. Raccontai la verità interiore di quest’uomo, che spesso per questo non si trattiene. E devo dire mi ci riconosco molto, perché capita anche a me di essere un po’... borderline (ride, ndr)».
Cos’altro apprezza di lui?
«La sua originalità, che sia fuori dagli schemi, che dovunque vada faccia bene, ma debba sempre affrontare casini. È una persona vera».
E non ha peli sulla lingua.
«Baldini è un uomo libero, quello che ha da dire, lo dice. E, come tutti gli uomini liberi, ogni tanto prende delle mattonate. Ma non penso neanche che lo faccia per gli altri, sa che il mondo non si cambia. Lui vuole fare le sue cose, creare il suo gruppo e arrivare al risultato».
Quanti Baldini esistono nel mondo del calcio?
«Nessuno, perché Silvio è unico. Se proprio dovessi trovare delle analogie con altri allenatori, direi Eziolino Capuano e Maurizio Sarri».
Spieghi.
«Con le dovute differenze, ma anche Capuano è una figura anomala nel calcio. Non ce ne sono come lui. E in qualche modo somiglia anche a Sarri, perché entrambi ti riportano al calcio di un tempo, anche nelle polemiche sui campi».
Com’è fatto il calcio di Baldini?
«Nella sua idea di calcio la fantasia non è mai svilita, c’è un’organizzazione difensiva molto precisa. E solidarietà tra i compagni, come dev’essere il calcio. La tecnica individuale non è mai depressa da qualche schema. Secondo me, c’è confusione tra qual è il ruolo dei giocatori e quello dell’allenatore».
Cioè?
«Parliamo del bel gioco come se non lo facessero i calciatori, ma l’allenatore. In realtà, il mister dà solo organizzazione alla squadra».
Mi sembra di capire che preferisca questo “vecchio” modo d’intendere il pallone.
«Non è vecchio! Gliel’ho detto: è sempre attuale, perché non segue la moda. Lui è come Allegri, Mourinho, Ancelotti, Lippi, che sono i miei riferimenti nel mondo del pallone. Questi allenatori sono il calcio, lo conoscono. Ha mai sentito Baldini parlare di “intermedi” o di giocatori “positivamente orientati”? ».
E allora il “giochismo”, il “guardiolismo” e il “sarrismo”?
«Termini inventati da noi giornalisti. Per carità, parliamo di cose anche belle: Sarri ha fatto un bel Napoli e un bell’Empoli, ma poi va al Chelsea, vince e il sarrismo va a farsi friggere. Lo stesso Guardiola ha bisogno di un calciomercato da 200-300 milioni di euro per far rendere le sue squadre. Invece con Baldini si parla di altro, di aspetti tattici e psicologici che alla fine, quando coinvolgi in questo modo i tuoi ragazzi, ti portano inevitabilmente ai risultati».
Zazzaroni, ci racconta un ultimo aneddoto?
«Le posso leggere quanto mi ha scritto Baldini un po’ di tempo fa: descrive perfettamente la persona».
I lettori attendono con ansia.
«“Anche una goccia nell’oceano non conta nulla, ma è pur sempre l’inizio quando si vuole cambiare qualcosa che non va. Difendere l’ipocrisia significa lasciare le cose come stanno, e questo non è da persone che rispettano il prossimo e amano la vita”. Questo è il suo vero messaggio».
©RIPRODUZIONE RISERVATA