Manifestazione dei lavoratori davanti alla Provincia con striscioni, slogan e magliette stile Obama

«Abbiamo la morte nel cuore»

Lo sfogo delle operaie: la Perla l'abbiamo creata noi ma ora la chiudono

TERAMO. «Vediamo chiudere questa fabbrica con la morte nel cuore». Annamaria Rapacchia è la prima lavoratrice assunta venti anni fa nello stabilimento La Perla di Roseto, è sua la matricola nº1 dell'azienda e nelle sue parole si riassume tutta la rabbia dei lavoratori.  Ieri mattina sono scesi in strada a protestare davanti alla sede della Provincia prima dell'incontro con sindacati e proprietà per scongiurare la chiusura dello stabilimento e lo spostamento dell'attività in Puglia. 

Sono 81 gli operai dello stabilimento che rischiano il loro posto, o meglio, le operaie visto che si tratta per lo più di donne (solo 4 gli uomini): da 16 mesi 59 di loro sono finiti in cassa integrazione straordinaria. Ora rischiano il licenziamento. Ieri hanno protestato insieme per ribadire con striscioni, fischietti, canti e grida il loro "no" alla chiusura.

LE STORIE.
«Purtroppo è la fine», spiega Annamaria, la dipendente numero 1. «All'inizio eravamo due soli dipendenti, io l'ho vista crescere l'azienda, ma da tre anni si sta andando di male in peggio». Per molti la chiusura rappresenta non solo la fine di un'azienda storica per il territorio, ma soprattutto dover affrontare gravi difficoltà economiche per portare avanti le famiglie.  Come nel caso di Federico Patacca che lavora alla Perla dal 2000 insieme alla madre. «All'inizio ci lavoravano entrambi i miei genitori, poi mio padre è morto e l'anno dopo mi hanno assunto», spiega, «Se chiude rimarremo sia io che mia madre senza lavoro. Lei è vedova, mentre io sono anche invalido civile». 

MAMME PREOCCUPATE. Alla Perla sono tante le mamme preoccupate di perdere il posto e di non poter più sostenere la famiglia. «Sono sola con un figlio che ha finito da poco di studiare», spiega Anna Tini. «Adesso sto facendo un tirocinio, non lavora ancora e io sono già in cassa integrazione da più di un anno. Se chiude non avrò alternativa».  «Prima lavorare alla Perla era sinonimo di un posto fisso», racconta Tiziana Di Bonaventura, un'altra operaia tra le prime ad essere assunte, «ma da qualche anno a questa parte qualcuno addirittura si meraviglia che non ci abbiano già chiusi. E siamo tutti lavoratori specializzati, siamo noi a fare grande il cosiddetto made in Italy».  

LE RICHIESTE.
«A Roseto La Perla si può fare», questo hanno scritto ieri i lavoratori sulle loro magliette facendo eco al più celebre "Yes we can" di Obama.  Vogliono la certezza che la storia della Perla a Roseto continui e con essa si salvi anche il loro posto di lavoro.  «Sia chiaro che la fabbrica non chiude per mancanza di lavoro», spiega Aldo Flammini, «il lavoro c'è e per questo stiamo scioperando da dieci giorni per difendere lo stabilimento: abbiamo già acconsentito al piano di ristrutturazione che ha mandato a casa 59 persone. Noi rimasti ci sentiamo già in colpa per questo ma adesso non possono toglierci anche quello che è rimasto».

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