Acqua contaminata mai finita nella rete, ma è bufera lo stesso a Teramo

Il Ruzzo rassicura sui sistemi di controllo e sulle analisi svolte dopo l’incidente, mentre i laboratori del Gran Sasso dicono di aver sospeso l’utilizzo del solvente: non basta per evitare una valanga di attacchi

TERAMO. Sull’acqua si può scivolare, oppure affondare. La Regione Abruzzo, con l’infausto comunicato messo nel suo sito ufficiale due giorni fa, nel quale si parlava di “dichiarato stato di emergenza idrica nel Teramano” a seguito di “disposizione cautelativa emessa dalla Asl di Teramo per le acque provenienti dai laboratori del Gran Sasso”, senza ulteriori spiegazioni, è scivolata e affondata nello stesso tempo. Dopo che diverse testate giornalistiche hanno ripreso già giovedì sera la notizia senza approfondirla, ma collegandola intuitivamente all’incidente avvenuto nei laboratori nell’agosto 2002 con sversamento di sostanze inquinanti nel Mavone, ieri si è scatenato un bailamme mediatico di proporzioni probabilmente superiori alla gravità dell’accaduto.

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RUZZO E LABORATORI. Intanto va reso conto delle puntualizzazioni fornite dall’acquedotto del Ruzzo (che il Centro aveva già contattato giovedì) e dall’Istituto nazionale di fisica nucleare. L’acquedotto teramano, nel condannare la «preoccupante superficialità» di certe notizie, scrive in una nota: «Non è mai accaduto che acqua contaminata sia stata immessa in rete, i sistemi di controllo lo impediscono». La Ruzzo Reti spiega che «i sistemi di controllo presenti sulle captazioni del Gran Sasso, qualora vi fossero stati problemi, avrebbero mandato "a scarico" l'acqua che avesse presentato anche lievi anomalie» e ricostruisce così la vicenda: «In realtà, rimanendo ai fatti, all'inizio di settembre, nelle captazioni del versante aquilano, furono rilevate tracce di Diclorometano (un solvente utilizzato spesso per rimuovere vernice e grassi, ed anche nell'industria alimentare), seppur ampiamente sotto i parametri di legge. Prudenzialmente, sia Ruzzo Reti che il Sian della Asl di Teramo hanno effettuato analisi sul pozzetto di derivazione situato in prossimità del Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso; tali analisi hanno confermato che non vi erano superamenti dei parametri di legge, ma, prudenzialmente, avendo le analisi del Sian evidenziato qualche lieve anomalia, lo stesso Sian ne ha disposto il non utilizzo fino a nuovo provvedimento. A valle di tale episodio Ruzzo Reti ha, inevitabilmente, dovuto integrare il mancato prelievo dal Gran Sasso (ca 100 l/s) continuando ad utilizzare l'acqua potabilizzata nell'impianto di Montorio al Vomano, che, al contrario, in quel periodo dell'anno, solitamente viene chiuso per effettuare le manutenzioni periodiche. Nelle settimane seguenti Ruzzo Reti ha continuato ad effettuare analisi di laboratorio volte a verificare la qualità dell'acqua captata nel medesimo pozzetto, pur non immessa in rete, e non è mai stato rilevato alcun tipo di problema. Dunque, ha sollecitato il Sian a consentirne il riutilizzo. Il Sian, prudenzialmente, non ha consentito la reimmissione in rete; quindi, necessariamente, Ruzzo Reti ha dovuto chiedere alla Regione Abruzzo il prolungamento del cosiddetto "Stato di emergenza idrica" propedeutico all'autorizzazione alla captazione delle acque che debbono essere poi trattate dall'impianto di potabilizzazione di Montorio al Vomano. Tale indispensabile proroga nell'utilizzo del potabilizzatore ha indotto altresì Ruzzo Reti ad avanzare istanza risarcitoria nei confronti del Laboratorio di Fisica Nucleare per via dei maggiori costi sopportati nel processo di potabilizzazione».

Quanto all’Infn, in una nota l’istituto cui fa capo il laboratorio del Gran Sasso scrive: «Il giorno 1 settembre 2016 - è pervenuta ai Laboratori una nota della Ausl Teramo in cui si comunicava che, nel corso delle ordinarie attività di monitoraggio sui campioni di acqua provenienti dalla rete idrica sotterranea del Gran Sasso, era stata riscontrata una traccia di diclorometano in uno dei punti di captazione situati nei pressi dell'entrata dei Laboratori sotterranei, lungo l'autostrada A24. A seguito della segnalazione, i Lngs hanno verificato l'utilizzo del diclorometano, un solvente di uso comune altamente volatile, impiegato in quei giorni per operazioni di pulizia dalla colla di alcune componenti dei rivelatori. I Laboratori hanno quindi immediatamente sospeso l'utilizzo del solvente, e provveduto a monitorare le acque, con numerosi prelevamenti di campioni, non riscontrando più, sin dai giorni immediatamente successivi alla segnalazione, tracce del solvente. Nessuna ulteriore comunicazione in merito - conclude la nota - è pervenuta ai Laboratori del Gran Sasso né da parte delle Autorità competenti né di Ruzzo Reti spa».

GLI ATTACCHI. Prima o in contemporanea a queste rassicurazioni ufficiali, c’è stato un tambureggiante assalto da parte di associazioni ambientaliste e Movimento 5 Stelle con un filo conduttore: la mancanza di comunicazione ai cittadini e quindi di trasparenza. I grillini, tramite il consigliere regionale Mercante, che ha depositato un’interrogazione alla giunta, hanno definito «davvero sconcertante il silenzio della Regione e della Asl ed altrettanto sconcertante che la Ruzzo reti minimizzi l'accaduto. L'inquinamento comunque c'è stato ed è necessario spiegarne le conseguenze e gli effetti. Ci sono voluti più di tre mesi per essere informati. Una omissione gravissima». Stesso aggettivo utilizza il Forum H2O, che parla di «fatto gravissimo» e si pone una serie di interrogativi, chiedendo in primo luogo alle istituzioni e agli enti competenti se il sistema sia «in sicurezza» e sostenendo: «Una delle questioni principali è l'assenza di trasparenza: per questo la richiesta che facciamo è l'immediata pubblicazione di tutta la documentazione sul caso». Il Wwf rievoca i fatti del 2002 scrivendo: «Sembra che si sia tornati indietro di oltre un decennio quando si visse la fase più preoccupante della gestione dei Laboratori sotto il Gran Sasso. Per anni il Wwf ha continuato a chiedere che vi fosse una informazione puntuale di quanto accadeva sotto la montagna, soprattutto in merito alla presenza di determinate sostanze necessarie per gli esperimenti condotti nei Laboratori e l'inquinamento dovuto al transito degli autoveicoli nelle gallerie autostradali. È stato sempre ripetuto che ormai tutto era sotto controllo e che non vi erano più pericoli. Fino alle notizie di ieri». Infine, Mountain Wilderness Abruzzo ricorda agli amministratori pubblici che «le informazioni ambientali devono essere poste immediatamente a conoscenza dei cittadini tramite i propri siti».(red.te)

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