Botte alla convivente incinta Condannato a due anni e tre mesi 

Sotto accusa un teramano accusato di aver maltrattato la donna anche davanti alla figlia piccola Dopo le prime segnalazioni il giudice lo aveva già allontanato dalla casa familiare

TERAMO. Storie che si ripetono, drammaticamente uguali, nei tempi infiniti di femminicidi e Codici rossi. I particolari a fare la differenza. Come in questo caso: quello di uomo condannato in primo grado a due anni e tre mesi per aver maltrattato e picchiato la sua (ora) ex convivente. E se non bastassero i calci e i pugni, le parole «Ti ammazzo, non ho niente da perdere, vado in galera» ci sono anche i maltrattamenti davanti alla figlia di poco più di due anni: così ha ricostruito la Procura nel chiedere e ottenere il giudizio immediato per il teramano di 46 anni condannato dal giudice monocratico Domenico Canosa.
Per capire i perché bisognerà attendere le motivazioni preannunciate tra sessanta giorni, ma appare evidente come l’impianto accusatorio della Procura (il pm Enrica Medori titolare del fascicolo) abbia retto. Lo stesso pm nei mesi scorsi aveva chiesto ed ottenuto per l’uomo la misura dell’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi alla donna e ai posti dai lei frequentati. Così ha ricostruito nella richiesta di immediato: «Per aver maltrattato la convivente mediante abituali violente percosse anche quando la stessa era in stato di gravidanza, spesso ripresentandosi nell’abitazione adibita a dimora coniugale e ove altresì vive la figlia minore, completamente ubriaco, scaraventandole addosso oggetti, cagionandole in più occasioni lesioni ed ecchimosi visibili, nonché rivolgendole gravi minacce e continue e vessatorie ingiurie, in una occasione le stringeva il collo e la colpiva con schiaffi al volto e calci alle gambe». L’imputato era difeso dall’avvocato Quintino Rastelli, la donna – costituitasi parte civile – era rappresentata dall’avvocato Tommaso Navarra che così commenta: «Purtroppo spesso non si comprende la gravità dei propri comportamenti all’interno del nucleo familiare. Soprattutto ciò avviene quando vi è un abuso di alcol con le conseguenti alterazioni. Questo fenomeno è sempre più ricorrente anche in coppie giovani e penso che si debba aprire un dibattito più ampio che sposti l’attenzione dalla repressione alla prevenzione».
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