A Teramo un altro drammatico caso di maltrattamenti in famiglia

VIOLENZA IN FAMIGLIA / NUOVO CASO

Botte alla moglie incinta di nove mesi

Teramano 40enne accusato di aver picchiato e poi lasciato la donna in slip sul balcone. In un caso, le avrebbe imposto di chiedergli scusa in ginocchio davanti ai parenti

TERAMO. I particolari a fare la differenza in un’altra drammatica storia di maltrattamenti, l’ennesima in questo Paese da Codici rossi e femminicidi senza tregua. A mettere un primo punto fermo l’inchiesta della Procura con il pm Silvia Scamurra che ha indagato un quarantenne teramano con l’accusa di aver brutalmente picchiato la moglie al nono mese di gravidanza e di averla chiusa sul balcone (nel mese di gennaio) dopo averla costretta a spogliarsi rimanendo solo con gli slip. A salvarla, dopo qualche tempo, il suocero intervenuto per farla rientrare in casa.

Silvia Scamurra, pubblico ministero

L’inchiesta, scattata dopo una denuncia (la donna è rappresentata dagli avvocati Giuseppina Di Massimo e Gianni Falconi), si è definita con la firma dell’avviso di conclusione delle indagini e per l’uomo si prospetta una richiesta di rinvio a giudizio. L’accusa di maltrattamenti è aggravata dalla presenza di minori perché, secondo la Procura, i fatti sarebbero avvenuti alla presenza del figlio piccolino della coppia. A fare la cronaca di un incubo proprio l’avviso di conclusione in cui il pm scrive: «All’ultimo mese di gravidanza e tre giorni prima che partorisse, spintonava la moglie contro un armadietto facendole sbattere la testa; poi a seguito di un banale litigio la chiudeva fuori dal balcone non prima di averla costretta a togliersi i pantaloni e quindi a rimanere sul balcone esposta al pubblico con i soli slip; rientrata grazie all’intervento del suocero la picchiava brutalmente colpendola a calci con le scarpe antinfortunistiche che le procuravano ferite sanguinanti e livide sferrandole violenti pugni sulla schiena». Botte e pugni che, ricostruisce l’accusa, in quella casa erano all’ordine del giorno. E non solo. In un caso, sempre secondo la Procura, la donna per sfuggire ai maltrattamenti dopo essere stata colpita in testa con il tubo dell’aspirapolvere si era rifugiata nell’abitazione dei suoceri e qui l’uomo l’aveva raggiunta «costringendola», si legge a questo proposito nell’avviso di conclusione delle indagini, «ad inginocchiarsi davanti a tutti per chiedergli scusa». Nell’atto l’autorità giudiziaria fa riferimento anche ad un altro episodio in cui la donna, dopo aver abbandonato la macchina del marito per sfuggire all’ennesimo maltrattamento, sarebbe stata avvicinata dalla vettura guidata dall’uomo che l’avrebbe stretta «pericolosamente al margine della carreggiata della strada rischiando di farla cadere nella scarpata».
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