Dipendente morto in fabbrica, la Procura accusa: «L’esplosivo era nel camion accanto alla chiesa»

Nuove contestazioni all’imprenditore Di Blasio dopo l’esplosione con un morto nella ditta di Caprafico (Teramo): «Materiale detenuto illegalmente e venduto dopo la sospensione della licenza». Indagati in cinque
TERAMO. La Procura, nell’avviso di conclusione delle indagini, usa più volte l’aggettivo «micidiale» per connotare la pericolosità di alcuni episodi. Come quello del camion con 93 chili di materiale esplosivo «posteggiato», si legge nell’avviso, «sulla pubblica via, nelle adiacenze della chiesa di Caprafico». Sotto accusa, insieme a tre collaboratori e al titolare di una ditta di esplosivi di Avellino, è finito nuovamente il 72enne imprenditore Elio Di Blasio, titolare della ditta di botti di Caprafico dove nel febbraio del 2023 avvenne l’esplosione con la morte di un dipendente e per cui Di Blasio, in apertura di processo e dopo un no del gup, ha presentato nuovamente istanza di patteggiamento su cui il giudice del dibattimento si è riservato. Nella nuova inchiesta, chiusa dal pm Stefano Giovagnoni, all’imprenditore viene contestata la violazione della legge speciale sulla detenzione esplosiva (la 895 del 1967 rubricata in “Disposizioni per il controllo delle armi”) e, in concorso con gli altri, il reato di fabbricazione e commercio abusivo di materiale esplodente. Secondo l’accusa, tutta da dimostrare nel corso del procedimento giudiziario, l’uomo avrebbe continuato a detenere materiale esplodente e in un caso a vendere macchinari e materie prime, ovvero la polvere. Episodi risalenti tra maggio, luglio ed ottobre del 2023 e febbraio del 2024.
* L’ESPLOSIVO NEL CAMION E NELL’ABITAZIONE. Nell’avviso di conclusione, per quanto riguarda la detenzione abusiva di materiale esplodente, si fa riferimento a due episodi. A maggio del 2023 in alcune pertinenze dell’abitazione e della ditta (che la Procura definisce «locali non idonei») sono stati sequestrati 72 chili di materiale esplodente, percursori per la fabbricazione di esplosivo e 490 chili di esplodenti, 95 chili di materiale pirotecnico privo di etichettatura e per questo definito dagli inquirenti «clandestino». Materiale che secondo l’accusa sarebbe stato detenuto illegalmente visto che all’epoca la prefettura aveva sospeso la licenza dopo l’infortunio mortale. «Materiale esplodente da considerarsi micidiale», si legge nell’atto, « in considerazione della loro concentrazione in locali non idonei per la detenzione e conservazione e tale da creare pericolo concreto». Nell’ottobre del 2023 viene scoperto un camion di proprietà di Di Blasio parcheggiato vicino alla chiesa di Caprafico con 93 chili di materiale esplosivo. Anche in questo caso, scrive la Procura, «materiale esplodente da considerarsi micidiale e tale da creare pericolo concreto per l’incolumità di cose e persone».
LA VENDITA ABUSIVA A UNA DITTA DI AVELLINO. L’episodio ricostruito dalla Procura, anche attraverso delle intercettazioni telefoniche, è del febbraio 2024, un anno dopo l’incidente mortale. Secondo l’accusa in quell’occasione Di Blasio, con il concorso di tre suoi collaboratori, avrebbe venduto abusivamente all’imprenditore di Avellino materie prime (polvere) utile alla fabbricazione di materiale pirotecnico senza averne l’autorizzazione vista la sospensione e la revoca della licenza da parte della prefettura. Oltre a questo materiale, nella ditta di Avellino sarebbe stato trasferito direttamente dalla ditta di Caprafico un macchinario chiamato “tappatrice” necessario all’assemblaggio di materiale pirotecnico. Dopo la notifica dell’avviso di conclusione gli indagati hanno venti giorni di tempo per presentare memorie difensive o per chiedere di essere ascoltati e dare la propria versione. ©RIPRODUZIONE RISERVATA