Disabili rifiutate dal condominio trovato un alloggio alternativo

L’assessore comunale D’Ignazio punta sulla palazzina inutilizzata ex Ipab di via Taraschi I parenti delle malate: «Non possono restare in una Rsa con pazienti più gravi, bisogna fare presto»

TERAMO. Non basta una espressione “politicamente corretta” come diversamente abili per mettere fine alla paura del diverso. E il caso del condominio nei pressi di viale Crucioli che ha fatto una raccolta di firme e ha dato mandato a un legale per evitare l’apertura, in un appartamento dello stabile, di una casa famiglia, ne è una prova.

A fare le spese della paura e quindi della discriminazione sono sei donne che hanno un disagio psichico. Una patologia che non le rende non autosufficienti, anzi le condizioni delle sei donne migliorano se sono inserire nella società. Se possono uscire a fare una passeggiata o se possono scambiare due chiacchiere con la gente.

Attualmente invece sono ospitate in una Rsa in contrada Casalena, in una struttura lontana dal centro. Per loro la notizia che non potranno più tornare ad abitare in una vera e propria casa è stata una cocente delusione. I parenti delle malate hanno protestato in vece loro, e hanno chiesto aiuto all’assessore comunale al sociale Giorgio D’Ignazio che pur non essendo direttamente competente - le case famiglia sono di competenza della Asl - si è subito messo all’opera per trovare una soluzione. E una alternativa è stata trovata. Nella palazzina dell’ex ospedaletto di via Taraschi, recentemente ristrutturata al fine di ospitare case famiglia per i disabili che sono rimasti soli al mondo. Gli appartamenti, già quasi completamente arredati e con le utenze attive, sono da tempo inutilizzati. «Il prossimo passo», spiega D’Ignazio, «sarà mettere tutti attorno a un tavolo. Bisogna tener presente anche dell’interesse del proprietario dell’appartamento, che vuole impugnare lo stop dato dagli altri condomini. Così come bisogna considerare il punto di vista del resto dei condomini. Ma in primis ci sono gli interessi delle sei malate. Abbiamo pensato a trovare un’altra collocazione perchè per loro è meglio andare in palazzi dove sono beneaccette. D’altronde la Rsa è gestita ottimamente dalla cooperativa Filadefia, ma Casalena è lontana dal centro cittadino. La politica deve dare segnali di concretezza e la questione va risolta in breve tempo».

La struttura che potrebbe ospitare le sei malate era di proprietà del “Ventilj”, ex Ipab il cui patrimonio è confluito nell’Azienda dei servizi alla persona di Teramo: D’Ignazio ha contattato i vertici che hanno fornito una disponibilità di massima. Ora manca di avere il nulla osta della Asl all’operazione: D’Ignazio ha contattato il direttore sanitario della Asl, Camillo Antelli che però è ricoverato in ospedale ma si occuperà della vicenda appena dimesso.

Anche perchè i parenti delle malate lanciano un appello alle istituzioni coinvolte: «Le sei donne fino ad un anno fa hanno vissuto in una casa che improvvisamente è stata dichiarata inagibile, quindi in fretta e furia sono state portate nella Rsa dove sarebbero dovute rimanere al massimo una settimana. Purtroppo la macchina della burocrazia se così vogliamo definirla, ha determinato un "po' di ritardi”. Sono costrette a vivere lontane dal centro, in una struttura che ospita malati ben più gravi di loro e non ha il “calore” di una casa. Non possono aspettare ancora, magari ci vorranno mesi per risolvere il contenzioso fra il proprietario dell’appartamento e il condominio. E anche se i tempi fossero rapidi non possiamo dimenticare che contro la casa famiglia i vicini di casa hanno fatto una raccolta di firme».

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