Giulianova perde il giudice di pace «La colpa è dei Comuni limitrofi»

Mastromauro e Cartone accusano le altre amministrazioni che non hanno voluto dividere i costi come ha fatto Atri con Cermignano. Spariscono anche Campli, Montorio, Nereto e Notaresco

GIULIANOVA.

Giulianova, dopo il tribunale, perde anche l’ufficio del giudice di pace e il sindaco Francesco Mastromauro attacca le altre 12 amministrazioni comunali ricadenti nella competenza dell’ufficio giudiziario giuliese le quali, nonostante varie sollecitazioni, non hanno voluto consorziarsi e contribuire finanziariamente alla spesa, di diverse centinaia di euro l’anno, per mantenere l’ufficio e le 5 persone che vi lavoravano. In Abruzzo, dopo il decreto del ministro della giustizia Andrea Orlando, solo 7 uffici del giudice di pace, su un totale di 30, sono stati lasciati in piedi: nella provincia di Teramo, oltre a quello di Giulianova, sono stati chiusi anche quelli di Campli, Montorio, Nereto e Notaresco, che sono stati tutti accorpati con quello di Teramo.

«Il Comune di Giulianova da solo», affermano Mastromauro insieme al consigliere Jurghens Cartone, capogruppo della lista “Per Francesco Mastromauro sindaco”, «non era in grado di sostenere le spese dell’ufficio, se non sottraendo risorse al sociale, alle scuole e agli altri servizi per la collettività. Proprio per questo era necessario consorziarsi per dividere i costi del funzionamento della sede, degli stipendi del cancelliere e del personale amministrativo». Il sindaco e il consigliere ricordano come, da un paio d’anni, siano stati organizzati diversi incontri, nel febbraio e nell’ottobre 2012, ai quali parteciparono il senatore Giovanni Legnini e l’onorevole Tommaso Ginoble, oltre ai sindaci, ai parlamentari della provincia e a tutti i consiglieri comunali giuliesi, sia di maggioranza che di minoranza. «Era necessario unire le risorse come stabilito dalle disposizioni ministeriali», continuano gli amministratori giuliesi, «eventualità prospettata anche il 29 febbraio 2012 in consiglio comunale. Si trattava, insomma, di fare una scelta politica, da condividere tra maggioranza e minoranza. L’opposizione, però, ha riservato scarso interesse alla questione, rispondendo picche. Altre strade non ce n’erano. Purtroppo, nemmeno le altre amministrazioni comunali interpellate hanno voluto, o potuto, mettere mano al portafogli ed ecco il risultato. Atri, ad esempio, ha conservato il proprio ufficio grazie a un accordo con Cermignano, ripartendo i costi». Mastromauro conclude con una considerazione personale, all’indomani della notizia della possibile soppressione della polizia ferroviaria. «Non è possibile che lo Stato», afferma, «chieda ai Comuni, vessati dai tagli regionali e statali, innumerevoli sacrifici economici che poi ricadono sui cittadini».

Margherita Totaro

©RIPRODUZIONE RISERVATA