Tortoreto

Il mistero di Giulia morta sull’A14, sentiti nuovi e vecchi testimoni 

Riprese le indagini sulla ragazza  precipitata da un viadotto dell’autostrada: il giudice richiede ulteriori accertamenti sul luogo della caduta e sui tabulati telefonici

TORTORETO. Nuovi e vecchi testimoni sentiti e risentiti dagli investigatori: si parte da qui per riscrivere la storia di Giulia, 19 anni e il sogno di andare a Londra, precipitata da un viadotto dell’autostrada A14 nel giorno del suo compleanno e dilaniata dalle auto.
Perchè dopo due anni e una richiesta d’archiviazione della Procura respinta dal gip, da qualche giorno sono iniziate le nuove indagini chieste dal giudice proprio per fare chiarezza sulla morte di Giulia Di Sabatino, la ragazza di Tortoreto il cui caso è finito più volte alla ribalta delle cronache nazionali.

L’ipotesi di reato sostenuta dalla Procura è quella di istigazione al suicidio, mentre i genitori sin dall’inizio sostengono che Giulia sia stata uccisa.
A settembre con un’ordinanza articolata e certosina in cui più volte ha sottolineato «la copiosità di contributi tecnici e orali acquisiti dai pm», il gip Domenico Canosa, nell’accogliere la richiesta di opposizione della famiglia, ha detto no all’archiviazione e ha disposto nuove indagini e indicato in sei mesi il termine ultimo. Ha chiesto che vengano sentiti ex novo decine di testi e risentiti altri, tutti nella loro veste di persone informate sui fatti. Si è soffermato sulla necessità di ampliare gli accertamenti sul brecciolino trovato sotto le scarpe della ragazza, di acquisire le immagini riprese da un tutor installato nelle vicinanze del punto in cui la giovane precipitò nel vuoto e di verificare nuovamente alcuni contatti telefonici tra la ragazza e i tre indagati. Si tratta del 25enne finito nelle cronache come l’uomo della Panda rossa, l’ultimo ad aver visto la ragazza viva e ad aver avuto un rapporto sessuale con lei quella notte; dell’uomo con lo scooter che quella sera le diede un passaggio per un tratto di strada e del ragazzo nel cui telefonino sono state trovate immagini osè della 19enne (quest’ultimo indagato per pedopornografia nell’inchiesta aperta dalla distrettuale antimafia dell’Aquila competente per il tipo di reato).
A puntellare la richiesta d’archiviazione presentata dalla Procura (pm Davide Rosati e Enrica Medori) soprattutto i riscontri arrivati dai tabulati e dalle celle telefoniche fatti dai consulenti che avevano confermato la versione del ragazzo della Panda rossa (un 25enne di Mosciano assistito dall’avvocato Cataldo Mariano) sul prima e sul dopo di quella sera.
Le nuove indagini, oltre all’esame di vecchi e nuovi testi, prevedono anche nuovi accertamenti della polizia autostradale nel posto in cui vennero ritrovati i resti della ragazza.
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