Il Pd: «Un consiglio straordinario sulla vertenza Rolli»
Roseto, il partito ha avanzato la richiesta una settimana fa ma non ha avuto ancora risposta da Pavone e Di Marco
ROSETO. Il Partito democratico di Roseto torna a chiedere la convocazione di un consiglio comunale straordinario e urgente sulla vicenda Rolli. Secondo il Pd, inoltre, la seduta dovrebbe essere aperta, invitando l’azienda, i sindacati, i parlamentari locali Tommaso Ginoble e Giulio Sottanelli, il presidente della giunta regionale Luciano D’Alfonso e il rappresentante abruzzese del Governo Giovanni Legnini: tutto questo per creare le premesse per la successiva convocazione di un tavolo di confronto per cercare di trovare una soluzione per i lavoratori e per l’economia rosetana.
«Abbiamo inoltrato circa una settimana fa al presidente del consiglio comunale Nicola Di Marco e al sindaco Enio Pavone la richiesta di convocazione di consiglio comunale straordinario», dice Simone Tacchetti, segretario cittadino del Pd e consigliere comunale, «ma ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna risposta. Non comprendiamo il loro silenzio; il caso Rolli riguarda l’intera città e la sua economia. Salvaguardare gli interessi dei lavoratori e delle loro famiglie significa garantire lavoro a tutte le attività presenti sul territorio comunale già duramente fiaccate dalla crisi». Secondo il Pd rosetano la politica dovrebbe mettere in campo tutte le azioni necessarie per non danneggiare i lavoratori e far continuare a investire l’azienda sul territorio, così come accaduto nel corso degli anni. «L’impegno del sindaco, a nostro parere, da solo non basta», dice ancora Tacchetti, «e il caso della caserma del Corpo forestale dello Stato, trasferita ad Alba Adriatica, ne è un chiaro esempio». Intanto è iniziato il conto alla rovescia per i dipendenti Rolli, nei confronti dei quali a partire dal 1° luglio l’azienda intende applicare il contratto del settore agricolo e non più quello di categoria per chi lavora nel settore dell’industria alimentare. Una vera e propria mazzata per i lavoratori del gruppo alimentare, soprattutto i circa 600 precari, per i quali il passaggio da un contratto “industriale” a uno “agricolo” significherebbe rinunciare a una significativa percentuale di salario mensile.
Federico Centola
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