La politica e il web in Abruzzo, D’Alfonso e Gatti "Siamo obbligati a usare i social network"

L’ex sindaco di Pescara: "Velocizzano i rapporti con la gente ma non sono tutto prima suonavo i citofoni, ora sono su Facebook. Però i comizi li faccio lo stesso"

TERAMO. «Per parlare con gli elettori prima suonavo i citofoni, adesso sto su Facebook». Passato e presente di un animale politico come Luciano D’Alfonso racchiusi in una frase-flash. Che potrebbe essere anche un cinguettio su Twitter, o un post su Facebook. Perché D’Alfonso la dice durante “Corecom Social 4.0 - Autori e comunicazione politica dei social networks”, dibattito organizzato dal Corecom Abruzzo e moderato dal direttore del Centro Mauro Tedeschini. All’hotel Abruzzi di Teramo, davanti a una platea nella quale spicca una nutrita rappresentanza di esponenti del Pd, D’Alfonso è l’attrazione numero uno. Il presidente del comitato regionale per le comunicazioni, Filippo Lucci, non a caso ha invitato lui e Paolo Gatti: altro campione di preferenze, altro politico che sta al passo con i tempi, che utilizza le nuove tecnologie e frequenta i “luoghi” da esse generati, social network compresi.

D’Alfonso, a Teramo, parla già come candidato presidente della Regione. Candidato non solo del Pd, lo dice chiaro, e con pochi dubbi sull’esito della sfida a Gianni Chiodi («Ho vinto ogni volta che mi sono candidato e sono ottimista per la prossima»). Quanto ai social network, l’ex sindaco di Pescara dice che non è possibile farne a meno per svolgere attività politica perché «non ci sono più i luoghi dove si forma un’opinione. Prima c’erano sezioni, sindacati, piazze. Oggi non si sa più neanche chi sono i parlamentari. Va recuperata la velocità nei rapporti e questo viene regalato dalla rete, ma solo questo», avverte D’Alfonso. Che evidenzia «un problema democratico» in Abruzzo, dove la metà della popolazione non va a votare, e fa notare: «Dal giorno della mia assoluzione (11 febbraio) ho fatto 196 comizi. Il centrosinistra come ha fatto a non chiudere la sua campagna per le politiche con un comizio, lasciando la piazza a Grillo?».

Insomma, i social network per i politici “moderni” sono importanti e utili (lo dice anche Gatti, che confessa di essere stato inizialmente scettico e di essersi «piegato» al loro utilizzo su consiglio di un amico, trovandosi poi «molto bene»), ma non possono sostituire il contatto diretto con la gente. Lo evidenziano diversi relatori del convegno, in particolare con riferimento a Grillo e ai suoi metodi innovativi di comunicazione. «Grillo è stato fatto grande da un sistema politico inetto, non dal web», grida Raffaele Barberio, direttore di “Key4BIZ”. E il blogger Antonio Lupetti evidenzia: «Grillo la campagna l’ha fatta nelle piazze, Renzi a guardare il web pareva aver stravinto le primarie e invece le ha perse. Non si vota uno perché su un social network tanti gli dicono bravo, non diamo al web un’aura mitologica». La giornalista Rai Carmen Lasorella, direttore di Rai Net, gli dà ragione: «Grillo ha creato uno spazio comune sul web ed è un fatto straordinario, ma questo alla piazza virtuale ha aggiunto la piazza reale». Eppure, dopo Grillo, siamo senz’altro di fronte a un «cambiamento epocale». Così dice Maria Pia Caruso, dirigente dell’AgCom, che profetizza: «Politici e comunicatori dovranno capire come usare la rete. Andrà fatta molta attenzione e il compito del legislatore, visto che attualmente non c’è una disciplina di internet come mezzo di propaganda, sarà arduo».

Mentre si discute sui pro e contro della rete, c’è chi dal web trae idee innovative in altri campi. Il rettore dell’ateneo di Teramo Luciano D’Amico anticipa il progetto chiamato “Patto per lo studente”: la creazione – attraverso la tecnologia dei social – di “community” di studenti che seguono determinate lezioni, in modo da coinvolgerli, farli discutere e utilizzarli come co-docenti dei colleghi. E c’è l’inquietante monito agli over 30 di Giammaria De Paulis, web designer teramano e autore del libro “Facebook: genitori alla riscossa. Vademecum per non smarrire i propri figli online”. «Oggi i detentori del sapere», dice De Paulis, «che una volta erano i nonni, sono i motori di ricerca. I genitori devono prendere in mano lo strumento e insegnare ai figli ad utilizzarlo, altrimenti i giovani non avranno punti di riferimento». E si smarriranno nella rete. Magari twittando con D’Alfonso e Gatti.

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