Lite tra imprenditori, il giudice nega il sequestro del maneggio 

Respinta la richiesta della Procura nell’ambito dell’inchiesta per truffa a carico dell’immobiliarista Il tribunale: «Negli atti del fascicolo del pm non ci sono elementi di prova di artifici o raggiri» 

TERAMO. Il caso è quello dei due conosciuti imprenditori teramani finiti a processo con l’accusa di essersi affrontati a colpi di acido. Una vicenda dai tanti risvolti, soprattutto giudiziari. Perché accanto al fascicolo che ha portato l’immobiliarista ed ex editore televisivo Aldo Di Francesco e il costruttore Carlo Cerino a giudizio per le lesioni con l’acido, c’è anche quello che vede Di Francesco imputato per truffa dopo la denuncia di Cerino(assistito dall’avvocato Francesco Ulbar) e per cui l’ex immobiliarista (assistito dall’avvocato Gianni Falconi) ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. L’ipotesi di truffa riguarda un maneggio di Piano d’Accio proprietà di Cerino ma gestito da una società che, secondo la Procura, sarebbe nei fatti riconducibile a Di Francesco dopo un accordo tra due. Questione che avrebbe scatenato il litigio a colpi di acido.
Nell’ambito di questo secondo fascicolo la Procura teramana (pm Enrica Medori) ha chiesto il sequestro dell’impianto sportivo ma il giudice Lorenzo Prudenzano lo ha respinto e così ha scritto nel provvedimento: «Dagli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero non paiono ricavabili elementi di prova rappresentativi del ricorso, da parte di Di Francesco, ad artifici o raggiri in danno di Cerino al fine di indurre tale persona a sottoscrivere i negozi giuridici richiamati nei capi d’imputazione». E ancora: «Dai documenti societari non è dato ricavare condotte autenticamente truffaldine». E così precisa in un altro passaggio: «Va poi rimarcato come appaia scarsamente verosimile che Cerino, imprenditore avviato da molti anni e non estraneo a logiche di gestione dell’impresa discutibili (così si desume dalla relazione citata) avesse supinamente accettato di dare in locazione il centro ippico ed eseguire su di esso lavori edilizi di importi ingenti (si discute di lavori per centinaia di miglia di euro) senza pretendere alcun corrispettivo ovvero garanzie a fronte della conoscenza pregressa di Di Francesco e del suo profilo imprenditoriale. Non pare dunque sussistere fumus delicti in relazione al delitto cui la res è detta pertinente».
La Procura accusa Di Francesco di truffa per, si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, «aver proposto a Cerino, dopo averne guadagnato capziosamente la fiducia, di rilevare la gestione del suo maneggio, ubicato in zona Piano d’Accio, in cambio del proprio impegno a richiedere ed ottenere tramite millantate fidate conoscenze negli ambienti preposti (uffici del Comune di Teramo) licenze urbanistiche- edilizie altrimenti non ottenibili, necessarie sia per evitare la demolizione dell’impianto, sia per consentire all’interno dello stesso il proseguimento dell’attività sportiva». E così sintetizza facendo riferimento a Di Francesco: «Induceva in errore il Cerino Carlo che si determinava a cedere al prevenuto prima per sei anni e poi per 99 anni, di fatto senza il pagamento di alcun corrispettivo, il possesso dell’impianto sportivo di Piano d’Accio (maneggio) e ad eseguire presso il medesimo impianto, su sua committenza anche lavori di miglioramento per circa 300mila euro a fronte dei quali Cerino, nonostante precisi accordi in tal senso, non riceveva mai alcun corrispettivo». Va detto nel 2019 c’è stata una sentenza del tribunale teramano che ordina a Cerino la demolizione delle opere abusive costruite sull’area del centro ippico.
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