Niente truffa sulle azioni, tutti assolti
Con l’ex direttore generale Antonio Di Matteo erano accusati in 28 tra dirigenti e dipendenti. Il giudice: il fatto non sussiste
TERAMO. Quando il giudice Flavio Conciatori pronuncia l’articolo 530 del codice di procedura penale (è quello che prevede l’assoluzione) le lacrime di Claudia Di Matteo sciolgono la tensione di una giornata iniziata alle 9 e finita alle 19.45 nell’aula di tribunale in cui il padre Antonio è uno dei principali imputati. Ed è una sentenza di assoluzione per tutti i 28 imputati (tra figure apicali e semplici dipendenti) perchè il fatto non sussiste quella che in primo grado chiude il processo per truffa sulle azioni ex Tercas. A cominciare dall’ex direttore generale Antonio Di Matteo (per cui la Procura aveva chiesto sei anni) difeso dall’avvocato Gianni Falconi e dalla figlia Claudia, l’ultima a fare l’arringa in un’aula stracolma e stracalda. Commenta insieme all’altro legale: «La sentenza assolutoria è l’epilogo del mirabile operato del tribunale, La magistratura ha restituito a Di Matteo onorabilità e prestigio. L’accerta insussistenza dei fatti dimostra che la Tercas nel periodo in cui è stata diretta da Antonio Di Matteo non ha mai negato agli investito il riacquisto delle proprie quote nè più nè meno di quanto è acceduto nell’operazione del 2010 perché la banca le collocava nella certezza che avrebbe potuto riacquistarle perchè aveva la necessaria solidità finanziaria e perché ha sempre anteposto gli interessi dei suoi clienti ai propri».
La sentenza di primo grado del processo teramano, mentre a Roma è ancora in corso quello sul crac, arriva dopo un anno scandito da decine di udienze e cento testimonianze tra quelle della Pubblica accusa e quelle delle difese. L'accusa per tutti, vertici, direttori, vice direttori e semplici dipendenti, era quella di aver venduto ai clienti azioni spacciandole per investimenti a un anno con un rendimento garantito. I fatti contestati risalgono al 2011, prima del commissariamento della banca avvenuta nel 2012, con l'inchiesta partita dalle denunce presentate da alcuni risparmiatori che lamentavano di essersi ritrovati con niente. Per la Procura (fascicolo del pm Irene Scordamaglia ereditato dal pm Enrica Medori) «una operazione oscura impostata dalle figure apicali e poi affidata alla base». Un’assioma la cui conseguenza si era tradotta nella richiesta di condanna da parte del pm per vertici, direttori e vice direttori e di assoluzione per semplici dipendenti. A cominciare dai sei anni chiesti per l’ex direttore generale Di Matteo e per l’ex dirigente dell’area finanza Lucio Pensilli; dai quattro anni chiesti per Alessio Trivelli (all’epoca responsabile dell’area commerciale) ai due chiesti per Piero Lattanzi e Franco Maiorani (all’epoca responsabile del servizio privati e del servizio finanza). Per il giudice, però, il fatto non sussiste. Per conoscere le motivazioni sarà necessario aspettare sessanta giorni, ma va detto sull’argomento dei pronto contro termine c’è stata una sentenza dell’allora giudice civile del tribunale di Teramo Mauro Pacifico che ha respinto la richiesta di risarcimento presentata da un risparmiatore. Il cliente che si era rivolto al giudice nel ricorso aveva sostenuto che era convinto di acquistare obbligazioni, mentre invece si era ritrovato in mano oltre 27mila azioni della stessa banca. «Non è stato in alcun modo dimostrato», ha scritto Pacifico nella sentenza, «che la Tercas abbia falsamente prospettato ad essa attrice che il contratto intercorso aveva ad oggetto obbligazioni e non, come nella realtà, azioni». Sentenza citata da molti avvocati del collegio difensivo composto, tra gli altri, da Augusto La Morgia, Gennaro Lettieri, Fabrizio Acronzio, Gianfranco Jadecola, Cataldo Mariano, Antonietta Ciarrocchi, Tiziano Rossoli, Adriano Di Sabatino.
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La sentenza di primo grado del processo teramano, mentre a Roma è ancora in corso quello sul crac, arriva dopo un anno scandito da decine di udienze e cento testimonianze tra quelle della Pubblica accusa e quelle delle difese. L'accusa per tutti, vertici, direttori, vice direttori e semplici dipendenti, era quella di aver venduto ai clienti azioni spacciandole per investimenti a un anno con un rendimento garantito. I fatti contestati risalgono al 2011, prima del commissariamento della banca avvenuta nel 2012, con l'inchiesta partita dalle denunce presentate da alcuni risparmiatori che lamentavano di essersi ritrovati con niente. Per la Procura (fascicolo del pm Irene Scordamaglia ereditato dal pm Enrica Medori) «una operazione oscura impostata dalle figure apicali e poi affidata alla base». Un’assioma la cui conseguenza si era tradotta nella richiesta di condanna da parte del pm per vertici, direttori e vice direttori e di assoluzione per semplici dipendenti. A cominciare dai sei anni chiesti per l’ex direttore generale Di Matteo e per l’ex dirigente dell’area finanza Lucio Pensilli; dai quattro anni chiesti per Alessio Trivelli (all’epoca responsabile dell’area commerciale) ai due chiesti per Piero Lattanzi e Franco Maiorani (all’epoca responsabile del servizio privati e del servizio finanza). Per il giudice, però, il fatto non sussiste. Per conoscere le motivazioni sarà necessario aspettare sessanta giorni, ma va detto sull’argomento dei pronto contro termine c’è stata una sentenza dell’allora giudice civile del tribunale di Teramo Mauro Pacifico che ha respinto la richiesta di risarcimento presentata da un risparmiatore. Il cliente che si era rivolto al giudice nel ricorso aveva sostenuto che era convinto di acquistare obbligazioni, mentre invece si era ritrovato in mano oltre 27mila azioni della stessa banca. «Non è stato in alcun modo dimostrato», ha scritto Pacifico nella sentenza, «che la Tercas abbia falsamente prospettato ad essa attrice che il contratto intercorso aveva ad oggetto obbligazioni e non, come nella realtà, azioni». Sentenza citata da molti avvocati del collegio difensivo composto, tra gli altri, da Augusto La Morgia, Gennaro Lettieri, Fabrizio Acronzio, Gianfranco Jadecola, Cataldo Mariano, Antonietta Ciarrocchi, Tiziano Rossoli, Adriano Di Sabatino.
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