Spariti i 100mila euro dell’eredità

Erano sul libretto della zia, il nipote beffato denuncia le Poste

ATRI. L’eredità promessa svanisce e il nipote beffato di una coppia di anziani di Montefino, senza figli, si rivolge alla magistratura. Questa mattina l’uomo comparirà davanti al giudice civile del tribunale di Atri per ottenere dalle Poste la somma di 200mila euro, che rivendica perchè indebitamente sottratti.

Si apre questa mattina il processo civile con cui B.R., l’ereditiere, darà battaglia alla società Poste Italiane, ritenendosi vittima della sparizione di ben 117mila euro in investimenti postali che M.T., l’anziana zia (deceduta), e suo marito (ancora in vita) avevano messo da parte, nominando erede unico il nipote, che vive a Castellalto. Parallelamente al processo civile, il 25 marzo prossimo si aprirà anche quello penale, nel quale il nipote e l’anziano marito della facoltosa zia si opporranno alla richiesta di archiviazione del procedimento a carico dell’allora direttore delle Poste di due uffici della Val Fino e di un’intera famiglia (padre, madre e figlia), denunciati nel 2006 per falso materiale e truffa in quanto ritenuti implicati nel raggiro.

IL GRUZZOLO.
Quello che B.R. di Castellalto (rappresentato dall’avvocato Cesare Mazzagatta di Teramo) avrebbe ereditato alla morte dei due anziani - che per tutta la vita avevano fatto rinunce, conducendo un’esistenza modesta - era un bel gruzzoletto: più di 117mila euro. Era, appunto. Se qualcuno non avesse indebitamente ritirato, prima della scadenza, i buoni fruttiferi postali, alcuni dei quali sottoscritti nel 1989. Si trattava di risparmi diversificati: depositi sul libretto e buoni postali accesi quando gli interessi riconosciuti erano generosi. Ritirati da qualcuno prima della scadenza. B.R. e suo zio sanno chi sono e agiranno penalmente contro di loro.

LA SCOPERTA.
L’amara scoperta che risparmi e buoni cointestati erano svaniti è arrivata per caso, quando un giorno, dopo la morte della zia, il nipote si è recato all’ufficio postale. I buoni postali, come pure i risparmi del libretto, erano stati ritirati, finendo in un nuovo libretto di risparmio di una donna che con i coniugi non aveva parentela o affinità. Quei soldi erano stati poi utilizzati per investimenti azionari risultati in perdita, per essere alla fine di nuovo accreditati sul libretto nominativo.

LA FALSA FIRMA.
Quando zio e nipote hanno chiesto di visionare le richieste di rimborso delle operazioni postali, si sono accorti che la firma apposta sugli ordini non era quella dell’anziana. Si trattava di una firma apocrifa, accertata - come conferma l’avvocato Mazzagatta - anche attraverso una perizia calligrafica ordinata dal tribunale. In più la donna, secondo i suoi parenti, aveva titolo d’istruzione elementare e soffriva di Alzheimer, ragion per cui non poteva da sola effettuare transazioni di un certo livello. In base a questo presupposto, chiederanno la condanna delle Poste per responsabilità contrattuale colposa o dolosa.

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