Ucraini a Pineto, la testimonianza: «Siamo fuggiti dall’inferno. Qui la nostra seconda vita»

Olena e Ruslan Savchenko, la coppia scappata dalla guerra che oggi abita a Pineto
La famiglia Savchenko è scappata dalla guerra quasi due anni fa. Un addio doloroso: «Gli abruzzesi sono splendidi ma un giorno vorremmo tornare a Chernihiv»
PINETO. «Ricordo ancora il suono delle sirene, il rumore dei vetri che si rompono e la paura che ci entra nelle ossa. Quel giorno ho capito che la nostra vita non sarebbe stata più la stessa». La voce è calma, ma le parole portano con sé frammenti di ricordi. La coppia di rifugiati ucraini Olena e Ruslan Savcenhko – residenti a Pineto da poco più di un anno – riavvolge il nastro degli ultimi tre anni della sua vita fino al 24 febbraio del 2022, giorno in cui la guerra in Ucraina cambiò per sempre il destino di milioni di persone.
Originari di Chernihiv – una città nel nord dell’Ucraina, al confine con la Bielorussia – Olena e Ruslan erano poco più che trentenni quando il conflitto esplose: prima dell’invasione russa, i due portavano avanti una vita tranquilla fatta di lavoro, scuola e progetti per il futuro. Poi, in poche ore, tutto è cambiato: all’inizio dell’invasione, Chernihiv è stata fra le prime città ucraine a essere bombardata dalle forze russe, che avanzavano lungo la rotta Bielorussia-Kiev.
Nel loro racconto, i ricordi si intrecciano con le immagini di un popolo ferito: quartieri rasi al suolo, famiglie divise, bambini nei rifugi, scuole e ospedali distrutti. «All’inizio non volevamo crederci», racconta Olena, «pensavamo che la guerra sarebbe finita presto e, invece, ogni giorno la situazione peggiorava: siamo rimasti senza acqua, luce e cibo. Restavamo nascosti, sperando solo che la notte passasse in fretta, mentre i vetri cadevano a terra e ogni rumore ci faceva sobbalzare». E quando la situazione è diventata insostenibile, i Savcenhko si sono spostati a Odessa, nel sud del Paese, con l’obiettivo di trovare un rifugio temporaneo. Ma la nostalgia per la città d’origine – unito al desiderio di scoprire cosa restasse della loro casa – li hanno riportati, dopo il ritiro delle truppe russe, a Chernihiv. Quello che trovarono, però, era solo distruzione.
«La città sembrava piangere con noi: tutto quello che avevamo costruito e la nostra quotidianità erano scomparsi, spezzati via dalla paura. Ad attenderci al ritorno, l’inferno: la nostra abitazione rasa al suolo, mentre amici e parenti furono uccisi dalle bombe russe. È in quel momento che abbiamo preso la decisione di lasciare l’Ucraina: dovevamo salvare la vita dei nostri figli, non potevamo rischiare». Tramite internet, i Savchenko riescono a contattare l’Arci, l’associazione italiana che fin dalle prime settimane dell’invasione russa si è attivata per sostenere la popolazione in fuga, offrendo ospitalità, supporto legale e assistenza psicologica. È grazie a questa rete che Olena e Ruslan riescono a raggiungere la Polonia e, da lì, l’Abruzzo, dove vivono «felici e spensierati» da un anno e mezzo.
«Quando siamo arrivati in Italia è stato difficile», dichiara Ruslan, «ma con il passare del tempo tutto è cambiato: abbiamo trovato persone pronte ad accoglierci; insegnanti che hanno preso per mano i nostri bambini; vicini di casa disponibili e, soprattutto, abruzzesi generosi e gentili». La famiglia vive, oggi, in un piccolo appartamento vicino al mare, ma la speranza di tornare in Ucraina permane. «L’Abruzzo è una terra meravigliosa, qui abbiamo trovato un futuro per i nostri bambini», prosegue Ruslan, «sono diventati dei campioni nell’ambito del ciclismo, che praticano ogni settimana nella scuola di ciclismo fuoristrada “Darwin Lupinetti” di Teramo. Non so dire se la mia città è cambiata, ma posso dire che - nonostante la nostalgia - l’Ucraina vive dentro di me e nel modo in cui guardo il mondo. In Abruzzo abbiamo trovato una seconda vita, è vero. Forse non sarà mai del tutto mia, ma è una vita libera e, soprattutto, di pace».
Il sogno della famiglia Savcenhko è, dunque, quello di tornare in Ucraina, ma intanto, fra il mare e le colline abruzzesi, hanno trovato una comunità che li sostiene. «Non smetteremo mai di ringraziare gli abruzzesi per tutto quello che hanno fatto per noi. Le persone qui sono splendide e i nostri figli non sentono la mancanza dei loro amici ucraini. Quando li vediamo ridere pensiamo di aver fatto la scelta giusta, anche se è sufficiente un tuono o un rumore forte per ricordare l’inferno di quei giorni. Ci piace l’idea di tornare in Ucraina, ma sappiamo che la pace con la Russia è lontana: i russi non faranno mai un passo indietro e non ci resta che apprezzare quello che abbiamo oggi. Gli abruzzesi ci hanno aiutato con tutto: senza di loro non ce l’avremmo fatta».
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