Usura bancaria, prosciolto Di Matteo 

L’ex direttore generale della Tercas coinvolto in due casi: un giudice archivia, per un altro il fatto non costituisce reato

TERAMO. Il suo nome è legato soprattutto al crac Tercas per cui, insieme ad altri, è imputato nel processo in corso a Roma. Da imputato figura anche nel procedimento aperto davanti al tribunale di Teramo per la presunta truffa con le azioni ex Tercas.
L’ex direttore generale Antonio Di Matteo a Teramo era finito sotto accusa anche per due presunti episodi di usura bancaria chiusi, rispettivamente, con un’archiviazione e un non luogo a procedere stabilito in udienza preliminare. Le due diverse inchieste erano scattate dopo la denuncia di altrettanti imprenditori per fatti avvenuti nel 2008 e nel 2010, quindi all’epoca in cui Di Matteo era direttore generale dell’allora Tercas. Nel primo caso il gip Domenico Canosa ha firmato l’archiviazione accogliendo la richiesta della Procura e respingendo l’opposizione presentata dalla parte offesa che aveva denunciato «l’applicazione ai danni della società rappresentata di tassi usurari su due conti correnti». Canosa, nel citare diversi pronunciamenti della Cassazione sull’argomento scrive: «Particolarmente problematica si appaleserebbe, nel caso di specie, la prova circa la ricorrenza dell’elemento soggettivo integrato dal dolo generico, nei casi in cui, al pari di quello che ci occupa, operino congiuntamente le seguenti circostanze: non rilevante entità, nella maggioranza dei casi, dei superamenti del tasso soglia ed episodicità dei medesimi». E ancora, sempre citando la Cassazione: «nessuna censura di mancanza di doverosa prudenza può essere posta a carico dei presidenti delle banche e, in base a tale duplice valutazione, non può ritenersi violato il dovere di diligenza nella ricostruzione dei criteri applicabili ai fini della individuazione del tasso soglia a carico degli organi ai vertici degli istituti bancari». E sempre con l’accusa di usura bancaria Di Matteo era finito davanti al gup Roberto Veneziano che ha disposto il non luogo a procedere perchè il fatto non costituisce reato. In questo caso l’ex direttore era stato accusato da un imprenditore che aveva aperto un conto corrente. Aveva scritto il pm nella richiesta di rinvio a giudizio: «pur avendo l’obbligo giuridico di garanzia non impediva che fossero promessi ed applicati interessi superiori ai tassi soglia» facendo riferimento ad episodi avvenuti in vari trimestri del 2010 e del 2011. In entrambi i procedimenti Di Matteo è stato assistito dagli avvocati Gianni Falconi e Claudia Di Matteo.
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