Sara Di Pietrantonio e Vincenzo Paduano

il processo

Uccise e bruciò l'ex fidanzata: Paduano condannato all'ergastolo

Roma, il 29 maggio scorso strangolò e diede fuoco alla 22enne Sara, originaria di Arsita. La madre: sentenza giusta e morale

ROMA. Ergastolo. Per Vincenzo Paduano, l'uomo che il 29 maggio dello scorso anno uccise la sua ex fidanzata, Sara Di Pietrantonio (la cui famiglia ha origini abruzzesi di Arsita), strangolandola, e poi dandole fuoco nei pressi di Ponte Galeria, a Roma, nessuno sconto, ma il massimo della pena. Il gup Gaspare Sturzo ha accolto pienamente le richieste del pm Maria Gabriella Fazi e delle parti civili riconoscendo, di fatto, che da parte dell'imputato non c'è stato alcun reale pentimento, malgrado l'invocazione di quest'ultimo nell'udienza del 26 aprile scorso quando chiese scusa e si assunse la responsabilità di quanto accaduto. Omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, stalking, distruzione di cadavere, danneggiamento ed incendio dell'automobile a bordo della quale viaggiava la 22enne Sara Di Pietrantonio: di questi reati, è stato ritenuto responsabile Paduano il quale, come beneficio per il rito processuale scelto, ossia l'abbreviato, ha ottenuto solo l'esclusione dall'isolamento diurno.
Reati, quelli contestati a Paduano, compiuti in una tragica notte di fine primavera dello scorso anno, quando l'uomo, di professione guardia giurata, decise di mettere in pratica le continue minacce di morte rivolte a Sara dopo la chiusura della loro storia d'amore. Non sopportava, soprattutto, l'idea che la sua ex, studentessa universitaria, potesse frequentare qualcun altro. E così, in preda alla rabbia, come ammise durante un drammatico interrogatorio in questura, fuggì dopo avere ucciso Sara. Fuga ripresa da alcune telecamere installate in quel tratto di strada.
«Si tratta di una sentenza giusta e morale - ha commentato Concetta, madre della vittima - un primo gradino importante. Ho vissuto in apnea per circa un anno, adesso una boccata d'aria fresca, ma tornerò subito in apnea perché Sara non me la ridarà nessuno. Da parte di Paduano - ha aggiunto - non c'è stato nessun pentimento e per questo sono contenta di questa sentenza. Lui non ha mai raccontato quello che ha fatto, è stato semplicemente costretto ad ammettere di fronte alle prove evidenti ciò che era successo».
L’omicidio sconvolse la piccola comunità di Arsita, paese dell’entroterra teramano di cui era originario il nonno paterno di Sara, Lino Di Pietrantonio, che per lavoro si trasferì a Roma essendo un collaboratore fidato del ministro abruzzese Remo Gaspari e avendo ricoperto importanti incarichi al ministero delle Poste e Telecomunicazioni. Sara tornava spesso ad Arsita d’estate con i genitori.

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