La visita in ospedale a Bubanza, in Burundi, con il dottor Manuel Mazzoleni specializzato all'Università dell'Aquila

2 Maggio 2025

Manuel Mazzoleni, 37enne di Milano, si è specializzato in Ortopedia e Traumatologia all'Università dell'Aquila. È la sua seconda missione in Burundi con la Fondazione Italiana Medici per l'Africa Centrale (FIMAC) Onlus e si candida ad essere capomissione per il futuro. Questo il suo pensiero: "Il Burundi rappresenta ancora la straordinarietà dell'Africa incontaminata.
La contraddizione tra la bellezza della sua terra e l'ineluttabile atrocità delle sue leggi della natura, si riflette negli occhi delle persone che la vivono.
La dolcezza cresce come un fiore tra le incrinature della disgrazia.
Camminando lungo i corridoi dell'ospedale di campagna in cui lavoriamo, incontri la gioia e i sorrisi curiosi di bambini senza una famiglia che gattonano soli in mezzo ai malati.
La speranza che si fa strada attraverso la miseria trova il suo massimo significato oltre le porte della sala operatoria, dove giovani pazienti ignari del loro destino, si affidano semplicemente con un sorriso a un Muzungu (uomobianvo) nascosto da una mascherina, che dona tutte le sue risorse, non solo per ottenere un risultato, ma per trasmettere il più profondo senso di carità ad un paziente che non ha mai avuto la fortuna di riceverla prima da altro essere umano.
La giornata in sala inizia con un nodo in gola, fatto di dubbi e timori. Il coraggio di prendere in mano il bisturi nasce solo dalla consapevolezza di essere l'unica possibilità per la persona o il bimbo dietro le lenzuola.
La forza di resistere al caldo, alla mancanza di strumentario chirurgico adeguato, al dolore alle gambe, alla frustrazione e al sudore lungo la schiena, arriva quando ti ricordi di essere probabilmente il più grande gesto d'amore che quel paziente riceverà nella sua vita.
Le rapide e talvolta crudeli decisioni che si devono prendere, trovano motivazioni inconcepibili da inquadrare negli abituali protocolli dei nostri soliti ospedali.
Quando la giornata finisce in sala operatoria, e regali quel gesto eccezionale per il popolo Burundese, di entrare nella grande camerata comune solo per ricercare il tuo paziente per vedere come sta, rivedi, ancora, negli occhi di quella persona la gioia di sentirsi importante per qualcuno. La consapevolezza di stare a cuore a qualcuno, e questo solo per il tuo paziente potrebbe già bastare per sentirsi curato.
La perdita di una parte del proprio corpo rimane solo in una lacrima negli occhi di quel ragazzo, che nonostante l'incomunicabilità, comprende di aver salva la vita.
Questo rappresenta il più grande gesto d'amore della medicina: dalla nostra missione riceviamo di più dai pazienti di quando riusciamo a dare.
Ancora un'altra contraddizione dell'Africa: l'appagamento che forza il suo spazio attraverso la mortificazione.
Senza i mezzi adeguati, questa quotidianità, ci riporta a vivere giorni interminabili solo grazie la nostra primordiale spinta ad aver scelto di fare i medici: aiutare chi è talmente in difficoltà che non saprebbe come chiederti aiuto, se non con un sorriso.
Perché come ci ha insegnato il Mentore delle nostre missioni: quando si è malati si è deboli. Quando si è malati e poveri, si è soli."