«Attenti, non parliamo al telefono»

Le intercettazioni nelle indagini sullo smaltimento dei rifiuti a Lanciano

CHIETI. «Non parlare al telefono». Il 23 gennaio 2009 Claudio Leccese, vicecomandante della polizia provinciale (ora a riposo) così diceva ad Anna Linda Di Paolo, legale rappresentante della Sistema 2000, ditta che insieme alla Di Florio, di Giorgio Nicola Di Florio, secondo la procura di Lanciano, scaricò 80 mila tonnellate di rifiuti pericolosi in due discariche.

Le indagini del Noe sull’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti scaricati negli impianti, Ecologica Sangro di Cerratina, Vergine di Taranto e Macero Maceratese, sono corredate da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali. Tra queste spiccano quelle intercorse tra quelli, che la procura ritiene «i promotori della organizzazione», Giorgio Nicola Di Florio della omonima ditta di rifiuti, Andrea Fassone e Anna Linda Di Paolo, procacciatore d’affari e legale rappresentante della Sistema 2000, (i primi in carcere e la seconda agli arresti domiciliari) e i funzionari della polizia provinciale Claudio Leccese (denunciato a piede libero) e Riccardo Di Mascio (agli arresti domiciliari). La Gip Francesca Del Villano Aceto, definisce i funzionari «partecipi al programma criminoso» perché non si attennero ai loro doveri di pubblici ufficiali.

Leccese, secondo gli inquirenti, sapendo delle indagini in corso, aveva sospettato che i telefoni potessero essere sotto controllo e invitò la Di Paolo a non parlare troppo. Il 3 febbraio 2009, il funzionario, venne delegato dalla pm di Lanciano, Rosaria Vecchi, (titolare dell’inchiesta), a fare accertamenti su «operazioni abusive di trattamento di rifiuti della ditta Di Florio» di Cerratina. Leccese, appena uscito dalla procura, con l’auto di servizio, dopo aver fatto «manovre molto caute ed articolate per sincerarsi di non essere pedinato», si recò negli uffici della srl Di Florio, dove gli investigatori del Noe avevano già piazzato «microfoni».

Dalle deregistrazioni risulta che il comandante chiese al legale rappresentante della ditta e a Andrea Fassone, di consegnargli alcuni documenti, relazioni tecniche e autorizzazioni e si informò se ci fossero rifiuti in giacenza. Il 5 febbraio Leccese e l’altro vicecomandante della polizia provinciale, Di Mascio, si recarono ancora negli uffici Di Florio e dissero al titolare e a Fassone che li avrebbero avvertiti il giorno prima del loro futuro controllo ma che non avrebbero potuto fare altrettanto quando si fossero recati in ditta insieme ai tecnici dell’Arta. Di Mascio, tra l’altro, avanzò il sospetto che l’incarico della procura potesse essere una trappola. Leccese e Di Mascio, secondo gli inquirenti, non solo stilarono false relazioni sui sopralluoghi alla ditta Di Florio e certificarono l’esistenza di una macchina per la essiccazione dei rifiuti in possesso della ditta in realtà mai esistita, ma fornirono notizie riservate a Di Florio sull’indagine con l’intento di tenerlo indenne delle conseguenze giudiziarie.

Un altro componente di spicco, secondo agli inquirenti, utile alla organizzazione era il chimico Vincenzo Cocca di Spoltore, indagato per aver sottoscritto falsi certificati analitici sui rifiuti al fine di consentire l’accesso alle discariche dei rifiuti della Di Florio. Durante una perquisizione del Noe nel laboratorio di Cocca non fu trovato alcun macchinario per le analisi. In una conversazione telefonica, 14 gennaio 2009, il chimico si accordò per la consegna di un’analisi per la quale Fassone gli inviò una mail con le indicazioni da seguire e sollecitò la trasmissione del certificato via fax. Dopo mezz’ora, Cocca assicurò la trasmissione: «tra cinque minuti» disse. Il 20 gennaio il chimico, ammettendo di fare qualcosa di illecito, comunicò al figlio della Di Paolo, Amedeo Ciampoli, di aver messo un po’ di tempo ad attribuire un codice a un rifiuto «che non sta da nessuna parte».