Chiodi davanti a sette casi di malasanità

Inchiesta Alinovi, i professori incaricati dalla Regione puntano l'indice contro i medici

PESCARA. Non ci sono solo le cause del disavanzo sanitario ad agitare i sonni di Chiodi e della Baraldi. Per la prima volta governatore e sub commissario della Sanità oggi vengono messi di fronte ai casi di malasanità in Abruzzo. Alla luce anche di una nuova relazione sulla morte del neonato di Vasto nell'ospedale di Pescara.

Sono sette i casi di malasanità che la commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e i disavanzi sanitari elenca oggi al presidente della Regione Gianni Chiodi e alla sub commissario Giovanna Baraldi. Lo fa, la Commissione, presieduta dal deputato Idv Leoluca Orlando, per sottolineare come tagli e riforme si possono sempre fare nella sanità, ma senza mai mettere a rischio il diritto alla salute, che anzi deve prevalere su qualsiasi altro interesse.

A Palazzo Sammacuto questa mattina si parla della cattiva sanità, figlia forse di quei «poteri forti» denunciati dal governatore all'altra commissione parlamentare, quella del Senato presieduta da Ignazio Marino. Si parla dell'uomo a cui era stata lasciata una garza nello stomaco dopo l'operazione, si parla del giovane deceduto dopo una sospetta appendicite, si parla dei pazienti ex Villa Pini, ma soprattutto si parla di Paolo Alinovi, il bimbo di Vasto che se fosse sopravvissuto a due interventi chirurgici effettuati a Pescara, oggi accennerebbe i primi passi sulla spiaggia del «golfo d'oro».

Un caso che ha avuto risonanza nazionale - sul quale è ancora in corso l'inchiesta della Procura di Pescara con 11 indagati fra primari, medici di turno e anestesisti - e che registra una novità che, sebbene non abbia valore giudiziario, può accelerare il termine delle indagini. È proprio la Regione ad infliggere il «colpo»: in uno di quei rari casi in cui i medici «accusano» altri medici, il servizio ispettivo della Direzione politiche della salute, ammette che per la morte del piccolo Alinovi c'è stata qualche responsabilità. Al termine della verifica ispettiva richiesta dalla Commissione parlamentare si afferma che «la gestione post-operatoria del piccolo paziente avrebbe potuto essere adeguata alle regole di buona pratica clinico-assistenziale attraverso la degenza presso una terapia intensiva, anziché presso un reparto di degenza ordinaria, come è avvenuto». La relazione è firmata da quattro professori (Francesco Chiarelli, Pietro Falco, Giuseppe Rosani e Angelo Muraglia) ai quali il Servizio ispettivo è dovuto ricorrere.

Il gruppo di lavoro ripercorre il percorso ospedaliero che ha fatto il piccolo Paolo a Pescara, a cominciare da quando venne sottoposto al primo intervento chirurgico al colon il 26 maggio 2009, venti giorni dopo la nascita avvenuta già con qualche complicanza. I professori fanno notare le difficoltà incontrate per desumere la storia clinica e passano alla seconda, lunga operazione a cui fu sottoposto il bimbo il 26 luglio 2009, sempre all'addome. «Premesso che l'intervento si era protratto per sette ore, si ritiene che la fase post-operatoria non sia stata gestita in modo ottimale», scrivono alla Commissione, «dalla documentazione della direzione sanitaria emerge che non sono stati tenuti in debita considerazione i livelli degli elettroliti ed in particolare della potassemia (...) Inoltre in relazione all'anemia segnalata dal personale al medico di guardia non risultano consequenziali ed immediati provvedimenti medici». Erano le 7,49 del 29 luglio, alle 11 il cuore del bimbo si fermò.

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