Chiodi: ecco chi sono i poteri forti

Il governatore chiarisce alla commissione parlamentare lobby e pressioni

ROMA. «Certo che ho detto che in Abruzzo ci sono poteri forti, lobby e che l'intero sistema sanitario è iniquo, illegale, colluso. Il mio non può che essere un giudizio politico nel momento in cui nel passato c'è stata una politica arrendevole e che si è mostrata debole a questo tipo di sistema contribuendo di conseguenza a farlo crescere»; il governatore Gianni Chiodi riprende il discorso sulla sanità lì dove l'aveva lasciato una settimana fa al Senato.

Lo fa questa volta davanti alla commissione della Camera dei deputati sugli errori sanitari e sul disavanzo sanitario che l'ha convocato nel ruolo di commissario alla sanità insieme al sub commissario Giovanna Baraldi.

Un monologo.
Quello del presidente risulta alla fine una sorta di monologo sulla situazione che aveva trovato nel giorno del suo insediamento e sul piano di riordino che sta portando avanti insieme alla Baraldi e che, ripete, è obbligatorio: «Non ci sono scelte, l'Abruzzo non può permettersi ulteriori errori, sono cosciente del fatto che questo programma non porta alcun consenso nell'immediato e che costituisce un ulteriore sforzo economico, ma sono altrettanto sicuro che gli effetti saranno concreti sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista della buona sanità per tutti gli abruzzesi».

I sette casi.
La Commissione, presieduta dal deputato Idv Leoluca Orlando, ascolta il governatore dopo avergli passato l'elenco dei sette casi di malasanità segnalati in Abruzzo, a cominciare da quello del piccolo Paolo Alinovi, deceduto nell'ospedale di Pescara, sul quale il Servizio ispettivo della Regione stessa ha riconosciuto elementi di responsabilità nella fase post operatoria. Un riconoscimento che vale una nota di merito da parte del presidente della Commissione perché «è raro trovare medici che vanno contro altri medici».

I poteri forti.
Chiodi torna sui «poteri forti» quando parla della proliferazione delle unità operative complesse e dei posti letto in Abruzzo prima che lui si insediasse. «I gruppi di potere erano e sono molto forti tanto nel pubblico quanto nel privato e la dimostrazione è nel numero altissimo di piccoli ospedali così come delle strutture accreditate: come esempio», cita, «basti pensare che la psicoriabilitazione era tutta in mano ai privati, oppure che nell'ospedale di Gissi si facevano due ricoveri al giorno e che in Abruzzo c'erano cinque neurochirurgie. Era, è, un sistema che faceva comodo a tutti e che illudeva gli abruzzesi di avere una buona sanità sotto casa». «È invece un sistema iniquo», continua, «perché sottrae beni a chi ne ha bisogno, è un sistema colluso perché fa comodo a tutti ma che non si può più tollerare».

La politica debole.
Leoluca Orlando interrompe il governatore e vuole sapere di più sui gruppi di interesse ai quali Chiodi allude. «La politica arrendevole l'ha scoperta la magistratura», risponde, «poi c'è la sanità privata, è un dato di fatto che in Abruzzo ha televisioni private e riesce a condizionare i cittadini. Volevano che rivedessi il peso dei tetti di spesa per gli accreditamenti delle cliniche e allo stesso tempo mi dicevano che avrebbero tagliato l'occupazione: ditemi voi se questo non è un modo per mettere pressione. Il fatto poi che in Abruzzo una clinica privata si trovi di fronte a un ospedale rappresenta per me un simbolo del potere».

Per il governatore c'è stata iniquità anche nel numero dei posti letto, elemento di cui non hanno tenuto conto le scelte fatte nel passato. E fra i gruppi di potere che «creano difficoltà al cambiamento» Chiodi inserisce rappresentanti sindacali e professionali «perché il sistema faceva comodo a tutti, anche ai pazienti». «Ma il mio», sottolinea, «resta un giudizio politico, diverso sarebbe se ci fossero state minacce o altri segnali».

Gli accordi di confine.
C'è silenzio nell'aula di Palazzo San Macuto. Lo sguardo di Chiodi s'intreccia con quello della Baraldi che gli siede accanto, come se il presidente volesse trovare conforto su quello che dice. La sub commissaria gli fa cenno di sì con la testa. E Chiodi continua.

Va avanti affrontando le difficoltà del piano di riordino e si lamenta per la prima volta del Patto sulla salute firmato con le altre Regioni: «Noi stiamo portando avanti le riduzioni programmate, abbiamo tolto le prestazioni inappropriate, tagliato il 18 per cento dei posti letto sia nel pubblico che nel privato portando la soglia sotto il 3 per mille, come ha chiesto il ministero, e adoperato uno stop alle somme da rimborsare sulla mobilità passiva. Solo che, se questo accordo di confine non viene rispettato dalle altre Regioni, allora è tutto inutile».

Il governatore si lamenta della Regione Marche che alle promesse non ha fatto seguire i fatti per quanto riguarda la mobilità passiva con il concreto rischio che l'Abruzzo si ritrovi a dover pagare somme molto alte a causa dell'alto numero di cittadini che vanno curarsi fuori, «ad esempio nelle cliniche marchigiane».

La Baraldi.
La sub commissario prende la parola per sottolineare l'aspetto puramente tecnico del piano operativo sanitario, senza stavolta accusare nessuno. «Noi non facciamo tagli» rimarca più volte con il suo spiccato accento emiliano, «ma andiamo a toccare l'inappropriatezza dei servizi sanitari».

Nel merito, la Baraldi accenna alla riorganizzazione della rete delle unità speciali complesse, della rete cardiologica, della rete dell'emergenza urgenza: «Ora c'è bisogno di declinarle insieme a una riduzione graduale del numero dei dipartimenti da 36 a 14. Questo periodo di transizione durerà due anni», afferma, «occorre una cultura gestionale e ci vuole molta formazione infermieristica. E poi occorrono i controlli che saranno affidati ai carabinieri del Nas per il periodo necessario alla formazione del nostro personale».

L'ultima parte è riservata alla rete della medicina territoriale, la medicina di base che, come si preoccupa la Commissione, non deve mai mancare in nessuna struttura. «Nel momento in cui ristrutturiamo i servizi nei piccoli ospedali prevediamo la medicina di base», assicura la Baraldi.

I fondi distratti.
Uno spunto per Chiodi per lanciare l'ultima frecciata alla sanità del passato: «Chi doveva pensare a fare gli investimenti non l'ha fatto e ha utilizzato i fondi del servizio sanitario per altri scopi nel bilancio regionale, adesso noi dobbiamo pensare di cambiare tutto ed investire senza avere fondi. Un lavoro che andrebbe apprezzato anziché criticarlo e dichiararlo negletto».

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