rifiuti tossici

Discarica Bussi, il processo riparte dall’Aquila

La Cassazione converte in appello i ricorsi dei pm che chiedevano l’annullamento della sentenza del tribunale di Chieti

PESCARA. Sarà la Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila ad occuparsi della vicenda giudiziaria riguardante la mega discarica di rifiuti tossici, rinvenuta dalla Forestale nel marzo 2007, a Bussi sul Tirino. Ieri, infatti, la Cassazione ha convertito in appello tutti i ricorsi presentati alla Suprema Corte e ha stabilito che devono essere affrontati dai giudici di secondo grado, e non “per saltum”. A ricorrere direttamente in Cassazione, saltando l'appello, i pm della procura di Pescara Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli, che chiedevano di annullare la sentenza emessa dalla Corte d'Assise di Chieti, presieduta da Camillo Romandini, il 19 dicembre 2014 nei confronti di 18 dei 19 imputati (tutti ex dirigenti e tecnici in vario modo legati a Montedison), perché, secondo l'accusa, sarebbe stata «stravolta la lettera e la ratio della norma incriminatrice di avvelenamento delle acque».

Il processo in primo grado si era concluso con l'assoluzione «perché il fatto non sussiste» di tutti gli imputati dal reato di avvelenamento e la derubricazione del reato di disastro doloso, cioè volontario, in colposo. Derubricazione che aveva comportato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. I pm avevano invece chiesto condanne che variavano tra i 12 anni e 8 mesi e i 4 anni di reclusione. Gli ermellini, la cui decisione è arrivata verso le 8 di sera, hanno però ritenuto legittima la sentenza della Corte d'Assise teatina. In questo modo il procedimento torna nel suo alveo naturale e cioé in mano ai giudici di secondo grado. Sempre ieri, la procura della Cassazione, tramite il pg, aveva chiesto l'annullamento del non luogo a procedere per l'accusa di avvelenamento delle acque con rinvio degli atti alla Corte d'Assise di Chieti e, inoltre, aveva chiesto che la Corte d'Assise d'appello dell'Aquila fosse dichiarata competente a giudicare il reato di disastro ambientale, riaprendo la questione sulla sua natura dolosa e colposa.

Per la difesa la parola è spettata a due avvocati di un certo calibro, Paola Severino, ex ministro della Giustizia, e al prof. Tullio Padovani, docente a Pisa di diritto penale. Mentre in rappresentanza dell'Avvocatura dello Stato è intervenuta l'avvocato Cristina Gerardis, attuale direttore generale della Regione Abruzzo. All'udienza hanno preso parte anche i legali di parte civile, ovvero Tommaso Navarra per il Wwf e altre associazioni, Ernesto Torino Rodriguez per la Provincia di Pescara, Franco Perolino per il Comune di Pescara, Vittorio Supino per il Comune di Chieti, Arcangelo Finocchi per il Comune di Bussi, Giulio Di Berardino per i Comuni di Popoli e Spoltore, Lino Sciambra per i Comuni di Alanno e Castiglione a Casauria. Tra i difensori degli imputati era presente anche l'avvocato Tommaso Marchese.

A Campobasso, su questo stesso procedimento, è stato aperto un fascicolo di inchiesta dopo le dichiarazioni di alcuni giudici popolari della Corte d'Assise chietina che avrebbero denunciato delle pressioni da parte dei giudici togati per arrivare ad una sentenza di assoluzione. Di questo aspetto si era occupato anche il Csm. Il collegio della prima sezione penale ha trenta giorni di tempo per depositare le motivazioni ed è stato presieduto da Aldo Cavallo.

Nel dicembre scorso un processo stralcio di questa vicenda si è chiuso con un nulla di fatto davanti al gup di Pescara. Il giudice ha, infatti, assolto l'ex presidente dell'Aca, Bruno Catena, mentre per Giorgio D'Ambrosio, all'epoca dei fatti presidente dell'Ato, Bartolomeo Di Giovanni, direttore generale dell'Aca, Lorenzo Livello, direttore tecnico dell'Aca, Roberto Rongione, responsabile del Servizio Sian della Asl di Pescara, ha disposto la derubricazione del reato di distribuzione di acqua avvelenata da doloso a colposo con conseguente applicazione della prescrizione. La storia dei rifiuti tossici di Bussi è una questione complessa, che a distanza di 9 anni dal rinvenimento della discarica non si è ancora conclusa dal punto di vista giudiziario. Oltre a questo aspetto bisogna anche considerare che non si è ancora proceduto alla bonifica del sito e che, secondo la relazione di Arta Abruzzo, la maxi discarica di rifiuti pericolosi continua ad inquinare.

Marianna Ventura

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