Espresso, ristoranti 2008Ecco i migliori d'Abruzzo

Niko Romito nel club dei grandi chef
Il suo “Reale” è tra i primi 50 in Italia Sul podio anche La Bandiera e Villa Maiella

di Antonio De Frenza

PESCARA. In questa regione che ha i caratteri più dell’isola che del continente la grande cucina si arrocca prima in montagna per scendere poi in collina e guadagnare finalmente il mare, cambiando durante il viaggio ingredienti, specialità, profumi, ambientazioni, umori. Così, sfogliando la sezione abruzzese della Guida dei ristoranti dell’Espresso 2008, giunta alla 30ª edizione e presentata ieri alla Stazione Leopolda di Firenze, si trova un podio tutto montano.

Con un primo posto occupato saldamente dal Reale di Rivisondoli, condotto dal giovane chef Niko Romito. Romito guadagna i tre cappelli della guida e con i 16,5 punti di quest’anno (mezzo punto più del 2007) entra nel club dei 50 migliori chef italiani. Seguono staccati di una lunghezza, a 15,5 punti e un cappello, La Bandiera di Civitella Casanova, condotta da Marcello Spadone (che perde mezzo punto rispetto allo scorso anno), e Villa Maiella, 15,5 punti e un cappello, il ristorante di Gardiagrele di Peppino Tinari che conserva la stessa posizione.

Per il giovane Romito, che conduce il Reale assieme alla sorella Cristiana, si tratta del riconoscimento di un percorso dentro la tradizione abruzzese, ma con una forte tensione ad innovare. La pasta e fagioli è un piatto straordinario, ama dire Romito, ma uno chef è grande quando ti riesce a sorprendere anche con piatti o ingredienti così classici.

È il caso dell’agnello, che Romito sa declinare in varianti raffinate e inattese. E che potrebbe tranquillamente arrivare su un tavolo di Manhattan senza perdere il legame con la terra d’origine. Romito interpreta al meglio dunque una delle caratteristiche che il curatore della guida Enzo Vizzari indica come punti di forza della nuova cucina italiana: il legame ben saldo con la cucina regionale di riferimento.

«Su queste radici», spiega Vissari, «è innestato l’impiego di prodotti, tecniche e strumenti offerti oggi dalla scienza applicata alla gastronomia, fermo restando l’obiettivo di realizzare una cucina di forte e precisa identità, moderna e italiana nelle materie prime, nei singoli sapori e nelle loro combinazioni, insomma nell’anima».

Sullo stesso solco della tradizione è Marcello Spadone che nel suo ristorante la Bandiera serve piatti esuberanti, come la fracchiata con cicoriella e baccalà in pastella, o i maccaroni carrati con sughi di stagione. A Villa Maiella di Guardiagrele opera il terzo moschettiere della cucina abruzzese, quel Peppino Tinari che sa giocare come pochi con le consistenze e i contrasti dei grandi piatti del territorio. Dietro questa triade incalza una pattuglia di bravissimi ristoratori.

A partire da Lanfranco Centofanti animatore dell’Angolo d’Abruzzo di Carsoli (15 punti, un cappello). Locale tra i più autentici della gastronomia abruzzese, sottolinea la guida, con piatti molto personali come “Il trionfo del Maiale”. Stesso punteggio e stesso cappello per il Beccaceci di Giulianova condotto dalla famiglia Beccaceci. Qui domina la cucina marinara, «piatti apparentemente semplici», sottolinea la guida, «ma di grande personalità».

Conserva la posizione il Café le Paliotte di Pescara (15 punti e un cappello) dove se non si soffre troppo l’ambiente trendy «si mangia e ci si alza felici». Quindici punti (mezzo in meno del 2007) e un cappello anche all’Angolino di Filippo di San Vito Chietino: cucina di mare leggera ed equilibrata «ma non a scapito di sapori e sensazioni capaci di emozionare». La Locanda Manthoné di Luca Panunzio, punto di riferimento di Pescara vecchia, la strada italiana con la maggiore densità di locali, si tiene ben salda in classifica con i suoi 14,5 punti.

Si torna in provincia con Casa d’Angelo di Fara Filiorum Petri (14,5 punti) con un menù che «dichiara una schietta anima territoriale alternata a qualche rivisitazione». Perde mezzo punto Elodia della famiglia Moscardi dell’Aquila, dove domina lo zafferano. Sempre nel centro storico dell’Aquila c’è l’Enoteca Vinalia (14,5) che eccelle nella cantina. Si torna alla cucina di mare con la Conchiglia d’oro di Pineto (14,5), frequente ritrovo di vignaioli e colleghi ristoratori.

A Roseto operano la Cantina di Epicuro (14,5) e la Vecchia Marina (14) dove il pescato dell’Adriatico incontra una cucina «da applausi». Guadagna mezzo punto Zunica (da 13,5 a 14) di Civitella del Tronto gestina da uno chef calabrese trapiantato all’ombra della fortezza borbonica, spesso presente nei titoli dei piatti. Chiude la lista degli hits dei ristoranti abruzzesi il Sestante di Martinsicuro (14) e l’Hostaria del Pavone di Vasto.

Da segnalare il rientro in zona punteggio (13) di Duilio di Pescara dopo la felice ristrutturazione del locale, e la conferma un classico della cucina marinara come Delfina & Giovanni di Tortoreto.

Tre al vertice della cucina

Alajmo, Vissani e Pierangelini i più votati dalla guida

di Bruno Minciotti

FIRENZE. Il tris d’assi tiene banco. Massimiliano Alajmo delle «Calandre» di Rubano (Padova), Gianfranco Vissani di Baschi (Terni) e Fulvio Pierangelini del «Gambero rosso» di San Vincenzo (Livorno) anche quest’anno sono al vertice della cucina italiana. La guida dell’Espresso «I ristoranti d’Italia 2008» li classifica 19.5/20 (il massimo 20/20). Duemila e 800 i ristoranti visitati, 500 la prima volta.

Un’edizione storica, quella «del piacere», come un piacere è l’ambiente e la collaborazione di Pitti Immagine. Lo dice Vizzari nel raccontare il lungo cammino che ci fa dire: «In Italia non si è mai mangiato bene come oggi». Il «piacere» è anche la molla che spinse Carlo Caracciolo a dar vita alla Guida ai Ristoranti con Umberto Federico d’Amato, Giorgio Lindo e Lio Rubini.

Il presidente onorario del Gruppo Espresso lo ribadisce ringraziando i cuochi: «Questo è un ringraziamento che devo a voi da trent’anni: a voi, meravigliosi cuochi che da quando uscì la prima “Guida” dell’Espresso, mi avete viziato, stimolato, incuriosito, divertito e, in una parola magica, nutrito con la vostra inebriante capacità di inventare la buona tavola. Quindi: grazie. Le ho provate tutte, o quasi: come molti di voi sanno.

Perché, lo confesso, per uno che in questi trent’anni ha scelto di dedicare il proprio giorno di lavoro, appunto, al lavoro, riuscire a ritagliare una pausa di felicità (parola grossa? no...) in compagnia delle vostre scoperte è stato sempre un sollievo, e spesso un’estensione della propria capacità di allargare i confini dell’Italia e della cultura degli italiani». Il piacere, insomma. Enzo Vizzari fa la storia del balzo che ha portato la ristorazione all’attuale livello.

Trent’anni divisi in ere, caratterizzate da uomini e donne straordinari. Quella dei precursori: Lidia e Guido Alciati, Mirella e Peppino Cantarelli, Gianluigi Morini e Valentino Marcattilii, Angelo Paracucchi e poi per 15 anni quel gigante di Gualtiero Marchesi, con Ezio e Renata Santin, Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde, i Santini, Aimo e Nadia, Igles Corelli. Poi è l’era di Gianfranco Vissani, con Heinz Beck, Fulvio Pierangelini. Sono ancora ai vertici, ma dalla fine del Novecento incalzano i giovani della «nuova cucina italiana» di cui il massimo interprete è Massimiliano Alajmo delle Calandre di Rubano.

L’eterogenea squadra è ricca di talenti e di forti personalità, mossi da una continua tensione a imparare, a ricercare e riconoscere i migliori prodotti del proprio territorio ma anche ben al di là, a mettere a punto piatti che li esaltino. Non vivono di rivalità ma anzi si scambiano esperienze, sanno che la cosiddetta «creatività» è valore aggiunto quando è sostanza, non hanno paura di rifarsi alla tradizione e la citano: si chiamano Massimo Bottura, Carlo Cracco, Davide Scabin, Gennaro Esposito, Moreno Cedroni, Davide Oldani, Mauro Uliassi, Ciccio Sultano, Tonino Cannavacciuolo.

E l’elenco potrebbe continuare. Sono bravi, ma devono ringraziare la schiera di professionisti che in trent’anni «hanno fatto» la buona cucina, cambiandone il volto e favorito l’avvento delle nuove generazioni.