<strong>Il raduno.</strong> I tradizionalisti tornano nell’ultimo baluardo del Regno di Napoli. E uno di loro urla: «Viva ’o re»

I borbonici riconquistano Civitella

Dopo 149 anni dall’assedio rompono il cancello e salgono in cima alla fortezza

CIVITELLA DEL TRONTO. Non chiamateli nostalgici ma conquistatori. Anzi, riconquistatori dell’ultimo baluardo borbonico che il 20 marzo di 149 anni fa si arrese all’esercito piemontese. Sono le 10,32 quando il corteo di centocinquanta borbonici, con a capo il principe Sisto, nipote di Zita, l’ultima imperatrice d’Austria, comincia a sfilare per raggiungere il punto più alto di Civitella e innalzare la bandiera del Regno delle due Sicilie.

Ma ecco l’ostacolo all’inizio della salita. E’ un cancello che vieta l’accesso alla fortezza nel giorno della celebrazione borbonica. Vigili urbani in giro non ce ne sono, né partecipa al corteo dei tradizionalisti, che vedono l’Unità d’Italia come un giorno di lutto, il sindaco Gaetano Luca Ronchi. Così il principe fa dietrofront per salire con la scala mobile. Ma i suoi alfieri non si arrendono. Indossano baschi rossi con il motto «Dios, Patria, Rey». Sventolano la bandiera borbonica e, a mani nude, spezzano il fil di ferro che fissa il cancello che viene spalancato per riconquistare la fortezza persa nell’assedio del 1861. Ma più su c’è un cantiere.

Quindi tutti indietro verso la scala mobile per salire sull’ultimo baluardo borbonico dove li accoglie l’urlo orgoglioso di Giovanni Salemi da Capua che agita le braccia dal bastione. «Viva ’o re», dice a squarciagola il veterano della Nunziatella e gli altri in coro rispondono dal basso «Viva’o re». Ma quale re? Dal corteo una signora esclama: «Francesco Giuseppe». Ma lei è austriaca. «No, Ferdinando II», le ribatte una voce napoletana. Arriviamo così al momento solenne. Salemi prende la parola per dire: «Non abbiamo una tromba e neppure ’o grammofono per l’inno, ma speriamo di tornare qui per altri cent’anni per manifestare gratitudine al valoroso esercito napoletano».

Il momento è così sacro che il principe Sisto si commuove davanti a una platea non aristocratica come lui ma certamente di spessore culturale, con docenti universitari, come Miguel Ayuso, che insegna diritto a Madrid e Paolo Gaucci, professore di cultura ispanica a Bologna, o come il giudice della corte d’appello di Napoli, Edoardo Vitale, direttore dell’Alfiere, il periodico de «’a nazione napulitana», si legge sul sito internet.

Proprio Gaucci dà il via alla manifestazione e accogliendo il principe dice: «Altezza per noi è un grande onore averla qui». E lasciando la parola a Maurizio Di Giovine, organizzatore del raduno, che ricorda Matteo Wade, il comandante irlandese della guarnigione borbonica che nel 1806 costrinse alla resa i francesi. Quindi don Ignacio Barreiro, cappellano di papa Ratzinger, benedice la tomba dell’eroe prima della riconquista della fortezza sotto lo sguardo distratto, anzi distaccato dei civitellesi.

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