I pescherecci tornano in mare: è finito il lungo fermo biologico

Reti calate dalla mezzanotte di domani. Dal 15 ottobre arriva lo stop facoltativo per le vongolare. Ma restano i problemi della categoria: caro nafta e dragaggio nei porti di Pescara e Giulianova
PESCARA. Si torna a pescare in mare dopo il lungo periodo di fermo biologico. Un ritorno accompagnato da tante difficoltà e incertezze. Nella notte tra domani e martedì, i pescherecci dello strascico torneranno a calare le reti, dopo aver osservato i 45 giorni di stop imposto dalle normative nazionali. La ripresa, in tutta la costa, porta però più preoccupazioni ché entusiasmo. Nei porti di Pescara e Giulianova, le condizioni operative restano critiche per via della questione del dragaggio. «I problemi sono sempre gli stessi, poco o nulla è cambiato», commenta Fabio Sprecacenere, armatore pescarese del motopesca “Fabiola”, affiancato dall’ex comandante Rocco D’Incecco.
I pescatori segnalano che, oltre al dragaggio incompleto, le barche dovranno fare i conti con le spese di manutenzione accumulate durante il fermo e con il costo elevato del carburante, che si mantiene per ora stabile intorno ai 70 centesimi al litro, ma che potrebbe aumentare in inverno. «Ogni volta che torniamo in mare il prezzo del gasolio sale», evidenzia Sprecacenere.
Le difficoltà legate alle infrastrutture portuali restano un problema costante per i marittimi abruzzesi. Sul porto di Pescara, secondo Fabrizio Verzulli, armatore del motopeschereccio “Nonno Giovanni”, «i lavori di dragaggio sono stati completati all’imboccatura, ma all’interno dello scalo il livello dell’acqua resta insufficiente e attraccare rimane complicato, con il rischio che le barche si tocchino e questo possa provocare danni». Anche a Giulianova la situazione non è risolta, e il problema dell’insabbiamento permane. «Al porto non hanno ancora iniziato le operazioni di dragaggio, promesse da tempo, e questo ci preoccupa per tutte le nostre attività», spiega Giovanni Massi, astatore, marittimo e commerciante ittico, che da anni denuncia il problema dell’insabbiamento del porto.
Il periodo scelto per il blocco della pesca, in alta stagione, continua ad attirare i malumori dei pescatori: «Agosto è il periodo più sbagliato», afferma D’Incecco, «i pesci che vengono maggiormente consumati dalle nostre parti, sia a casa che al ristorante, si riproducono in parte in inverno ma soprattutto in primavera, nel periodo da marzo a maggio, nel quale depongono le uova». Secondo gli armatori interpellati, il fermo «non produce benefici biologici significativi», ma serve piuttosto «a favorire la gestione dei mercati esteri e le importazioni» da altre zone. «È un modo per svuotare i congelatori dei ristoranti e rinnovare le scorte tramite prodotti esteri», polemizza Verzulli. Nonostante il fermo, gli armatori continuano a sostenere spese ingenti. «Non abbiamo ricevuto alcuna indennità negli ultimi tre anni: è dal 2022 che non ci viene pagato il periodo di fermo», sottolinea ancora Sprecacenere.
Secondo gli armatori dello strascico, la pesca è in crisi. «La situazione per noi è difficile, molti hanno ridimensionato le barche, perché non riescono più a mantenerle», spiegano Massi e Verzulli. La mancanza di ricambio generazionale è un problema sentito, come riferisce il giuliese Massi: «I giovani non vengono più in mare, perché notano che si spende molto e non si guadagna altrettanto».
Con la ripresa delle attività in mare, si applica la cosiddetta “settimana corta”: tre giorni di lavoro settimanali fino a fine anno. «È obbligatorio» precisa Massi «normalmente a dicembre viene concesso un giorno in più, per via delle festività, mentre per il 2026, per quanto riguarda le giornate di fermo da restituire, resta l’incognita». Per gli armatori, ogni decisione legata a ferie, fermi o turni lavorativi produce degli effetti diretti sulla sostenibilità economica delle imprese e sulla possibilità di mantenere la flotta attiva. I pescatori denunciano la mancanza di voce in capitolo nelle decisioni che li riguardano direttamente: «Le scelte ci piovono dall’alto, noi non contiamo nulla», affermano all’unisono. Anche i tentativi di protesta sono scoraggianti: «Se scioperiamo, veniamo considerati irresponsabili», dicono i marittimi, che lamentano difficoltà a far sentire la propria voce pur essendo i veri protagonisti dell’attività di pesca.
Walter Squeo, presidente della cooperativa “Mare blu” di Giulianova e capitano di una vongolara, annuncia che il fermo della categoria scatterà il 15 ottobre e durerà fino al 30 novembre, su base volontaria. Fermo volontario che riguarderà le 84 unità navali del Cogevo, lungo la costa da Martinsicuro a Pescara. Da Ortona a Vasto nessuno stop. «Lo facciamo per far riposare il mare e per consentire la riproduzione. È una decisione nostra, del Cogevo, non imposta», spiega Squeo. Secondo il presidente di “Mare blu”, la qualità delle acque è buona: «Non c’è stata mucillagine quest’anno e sono tornati cannolicchi e telline». Questi elementi, indicano, secondo il capitano, una gestione positiva dell’ecosistema marino. «Non è facile fermarsi volontariamente, perché significa rinunciare a entrate, ma riteniamo sia la scelta giusta», conclude Squeo.
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