I pozzi di Carmine per l’Africa

Da imprenditore a benefattore in Burkina Faso, storia di Di Paolo.

PESCARA. Come spesso succede le cose accadono per caso, e capita così che un imprenditore pescarese che nella vita si occupa di tutt’altro si ritrovi all’improvviso con il pensiero fisso all’Africa e alla sua gente. «Sono andato in Burkina Faso per la prima volta tre anni fa, su incarico dell’Università D’Annunzio, per costruire una mensa e scavare un pozzo», spiega Carmine Di Paolo, titolare di Garden centre, «e da allora niente è più stato come prima. Sono per così dire stato toccato dal “mal d’Africa”». Dall’amicizia con un sacerdote camilliano, don Dieudonnà Di Pama, è nata infatti la voglia di rendersi utile per migliaia di persone, che vivono di stenti e malattie. «Un desiderio che ha contagiato amici e parenti», prosegue Di Paolo, «e che mi ha spinto prima a realizzare una scuola nel villaggio di Rapadama, poi a costituire una onlus che potesse sostenere queste iniziative».

Nasce così nel febbraio di quest’anno, l’associazione «Omni animo», con Di Paolo presidente. Da allora i progetti sono andati avanti, è stato realizzato un altro pozzo, «che da la possibilità di sopravvivere a circa 12mila persone e permette alle donne dei villaggi vicini di evitare di percorrere 10 chilometri al giorno con 20 litri d’acqua nelle conche». Dopo la realizzazione del pozzo, il cui costo si aggira sui 9mila euro, «il villaggio è stato animato dai festeggiamenti, e per una sera ci sono stati riso per tutti, carne di capra, danze e costumi tipici». Ma in Africa le urgenze si susseguono e le richieste sono pesanti come macigni perchè servono a salvare migliaia di vite. «Così quando mi hanno detto se potevo aiutarli a fare un piccolo capanno da usare come dispensario farmaceutico, non ci ho pensato due volte e mi sono detto qui ci vuole un ospedale», racconta Di Paolo.

Grazie anche all’intervento del Governo, che ha donato all’associazione 4 ettari di terreno, sono iniziati i lavori per un centro sanitario composto da un ambulatorio di 300 metri quadrati, sala operatoria, sala parto e corsie di degenza. «Noi compriamo i materiali, ma sono gli uomini del villaggio che ci mettono la manodopera, in cambio di 500 grammi di riso al giorno». Costruiscono così un pezzo del futuro dei propri figli, un posto per curarsi da malaria, dissenteria e tubercolosi, e dove le donne non rischieranno più di morire in altissima percentuale per complicazioni legate al parto. Il terreno circostante verrà invece coltivato, in parte per le esigenze del villaggio, in parte per la vendita, «si potranno così comprare sia i semi che i farmaci».

L’emergenza sanitaria e creare condizioni di salute è l’obiettivo principale. Per il primo semestre del 2010, l’associazione pagherà anche un medico, un infermiere e un guardiano, poi cominceranno a camminare sulle proprie gambe. Ma se l’ambulatorio è quasi finito e verrà inaugurato il giorno di Natale, servono soldi per completare l’intera struttura. «Ci sono coppie di sposi che al posto delle bomboniere regalano una speranza ai bambini di questi villaggi ed è un messaggio di grande umanità», racconta Di Paolo. E per chi ne vuol sapere di più basta andare sul sito www.omnianimo.org.