Il fratello di Suor Tiziana Merletti, chiamata a Roma da Leone XIV: “Vi racconto mia sorella”

25 Maggio 2025

Marco è il familiare della religiosa nominata da Leone XIV (la prima del suo pontificato): “Ha una grande spiritualità ma è anche una persona normale, che vive nella società. Da ragazza studiava molto”

PESCARA. «È una persona profondamente spirituale e si appresta a ricoprire un importante incarico, ma non significa che non sia parte della società. È una persona normale: quando torna a Pescara rivede le sue amiche dell’infanzia e vanno a cena fuori». A parlare è Marco Merletti, il fratello di suor Tiziana Merletti, la suora abruzzese appena designata da Papa Leone XIV (la prima nomina dall’inizio del suo pontificato) segretaria del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Oggi suor Tiziana è una Sorella della comunità cattolica, ma per Marco lo è da ben prima dei voti. Tre anni di differenza (lui è il più piccolo) e un’infanzia vissuta prevalentemente a Pescara. Dal suo racconto emergono gli aspetti meno raccontati di suor Tiziana, quelli che attengono al suo lato umano.

Marco, come sono stati questi giorni subito dopo la nomina?

«Molto intensi, per lei ma anche per noi. Siamo riusciti a parlare al telefono solo oggi (ieri per chi legge, ndr), dopo il suo incontro con il Papa. Negli scorsi giorni ci siamo sentiti su Whatsapp. Lei è stata subissata di chiamate e io non volevo disturbarla».

Vi ha raccontato qualcosa dell’incontro con il papa?

«Hanno parlato. Si sono incontrati oggi (ieri ndr) all’udienza dei dipendenti del vaticano e il Papa l’ha ringraziata per aver accettato l’incarico. È stata molto contenta. Sicuramente è una bella cosa che sia stata la prima nomina in Curia da parte di Leone XIV dall’inizio del suo pontificato».

Che cosa prova in questo momento?

«Gioia e orgoglio. Gioia per la contentezza della nomina, per il suo percorso. Orgoglio anche per il dicastero a cui è stata chiamata. Nella sua nomina vedo molto continuità tra Leone XIV e Francesco».

Come descriverebbe sua sorella?

«Una persona vera, impegnata da sempre per i più poveri, gli ultimi. Sempre con il sorriso, cercando di infondere forza e coraggio, ma anche una tosta, proprio tosta. Sarà perché siamo abruzzesi (ride, ndr). Credo che la dimostrazione più forte in questi anni sia stata quella del processo».

A che si riferisce?

«Da Superiora generale delle Suore Francescane dei poveri ha accompagnato personalmente, per la prima volta in Italia, spinta dal senso di giustizia e dalla difesa dei poveri, una Sorella nella denuncia all’autorità preposta di un abuso sessuale».

Ha accennato al fatto che sua sorella è stata Superiora generale: che si ricorda di quegli anni?

«Lo è stata dal 2004 al 2013. Si è dovuta trasferire a New York, sede della Casa generalizie, per quella posizione».

Già conosceva l’inglese?

«Al liceo lei aveva studiato francese. E poi l’inglese non bastava per quell’incarico! Serviva conoscere bene l’americano, il suo slang. Ricordo che ha dovuto seguire tre corsi di lingua».

Quel periodo le sarà utile per questo nuovo ruolo?

«Questo non lo so, ma sicuramente in quegli anni ha acquisito delle competenze gestionali importanti. Il suo istituto, che è di suore missionarie, si è impegnato a creare un sistema di salute che consentisse l’assistenza ai più poveri. Questo fino a quando le compagnie assicurative hanno reso impossibile proseguire con questa forma di assistenza. Quella volta ci portò a visitare alcune delle strutture fondate nel secolo scorso a cui avevano dovuto rinunciare. Mi è sembrato un lavoro enorme».

Facciamo un passo indietro. Dove siete cresciuti?

«I nostri genitori sono originari di Pineto. Per il lavoro di papà, che lavorava in banca, abbiamo girato un po’, fino a che - io avevo 8 anni, lei 11 - ci siamo trasferiti definitivamente a Pescara».

Com’è stato quel periodo?

«A me piaceva molto il calcio, stavo sempre dietro al pallone. Lei, invece, studiava molto e frequentava la parrocchia di Sant’Andrea. Mi ricordo che ogni tanto andavo a disturbarla mentre studiava e litigavamo. A quel punto arrivava mamma con il battipanni (ride, ndr). E alla fine venivo sempre acchiappato io, perché lei aveva le gambe lunghe e riusciva ad allontanarsi più in fretta. A ogni modo, siamo molto legati. C’è sempre stata complicità tra noi».

E la vocazione quando è arrivata?

«Tiziana ce lo ha comunicato a 22 anni, appena qualche mese prima di laurearsi in giurisprudenza all’Università di Teramo».

Ed è cambiata dopo aver preso i voti?

«È sempre rimasta la persona che conoscevamo. Ma, d’altra parte, devi avere vissuto come persona per capire i problemi delle famiglie, della vita reale. Quando viene qui incontra le sue amiche d’infanzia, andandoci a cena fuori. Condividiamo momenti di relax. Insomma, cose normali».

Smonta l’immagine stereotipata della suora.

«Gliel’ho detto, mia sorella è una persona spirituale, dedita alla causa dei più bisognosi, ma pur sempre mia sorella, parte della famiglia. Mia moglie, con la quale è molto legata, la chiama affettuosamente “Titti”».

Pensa che questa nomina possa cambiare qualcosa?

«Perché dovrebbe? La fratellanza rimane, così come la famiglia».

©RIPRODUZIONE RISERVATA