Il vescovo Forte sta con Napolitano: cittadinanza a chi nasce in Italia

Dossier immigrazione 2011: cresce la presenza dei migranti in Abruzzo. Forte: l'immigrazione è una risorsa, chi guarda allo straniero come a una minaccia, o è cieco o è in malafede
CHIETI. «L'immigrazione è una risorsa, scuola e università devono lavorare sulla integrazione». Le parole dell'arcivescovo Bruno Forte hanno introdotto ieri, nella sala consiliare della Provincia, il dossier 2011 sull'immigrazione in Abruzzo elaborato da Caritas e l'associazione Migrantes.
Monsignor Forte si schiera con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che pochi giorni fa ha proposto la cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione. «L'Italia», dice il presule «era un Paese di migranti e nei miei viaggi all' estero incontro spesso le comunità italiane. Oggi c'è un rovescio della medaglia, ma chi guarda allo straniero come a una minaccia, o è cieco o è in malafede».
I dati del dossier, raccolti in Abruzzo da Luigi Gaffuri, confermano che i migranti contribuiscono ad accrescere la ricchezza regionale. Sono 88mila, se si considerano anche quelli non registrati all'anagrafe, e costituiscono il 6% della popolazione, il doppio del meridione. Il 20% sono minorenni: le famiglie straniere hanno due figli in media, contro i figli unici delle coppie italiane. I romeni la presenza più massiccia, soprattutto nelle province di Chieti, Pescara e L'Aquila; secondi gli albanesi, che hanno il primato nel Teramano. Quattro immigrati su cinque hanno un lavoro regolare: dei 348.012 occupati nel 2010, 64.518 sono stranieri, impiegati nei servizi (45,6%) industria (42,6%) e agricoltura (10%). La provincia di Teramo offre maggiori possibilità, soprattutto nei comparti tessile e edilizia.
Ma i migranti residenti in Abruzzo non si limitano a fare i lavoratori dipendenti: 4.306, il 20% donne, sono titolari di imprese. E l'impegno nel lavoro aumentato la quantità delle rimesse: più della metà negli ultimi cinque anni. Nel 2010, dall' Abruzzo sono stati inviati verso l'estero quasi 78 milioni di euro, circa 25 dalla provincia dell'Aquila, una cifra superiore a quelle di più ricche regioni del Nord Italia. La Romania assorbe il 30% delle rimesse regionali (23 milioni 261mila euro), seguita da Cina (oltre 5 milioni e Senegal (circa 5 milioni).
Numerosa la presenza dei migranti di seconda generazione nelle scuole: più di 12mila con un'incidenza del 6,3% sulla popolazione studentesca. Un terzo di loro è nato in Italia, due terzi tra gli alunni delle materne. Il primato va a romeni e albanesi (2.800), seguiti da macedoni (1.018), marocchini (948) e cinesi (679).
L'integrazione e la tolleranza sono stati il filo conduttore di tutti gli interventi. Franco Pittau, coordinatore del dossier, ha detto che «una fruttuosa collaborazione con gli immigrati è segno di speranza per il Paese». Anche Giuseppe Bea (Cna) ha sottolineato quanto siano importanti per la crescita «la volontà e la capacità degli immigrati». Dello stesso tenore gli interventi di don Enrico D'Antonio, direttore Migrantes regionale e del presidente della Provincia, Enrico di Giuseppantonio.
Monsignor Forte si schiera con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che pochi giorni fa ha proposto la cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione. «L'Italia», dice il presule «era un Paese di migranti e nei miei viaggi all' estero incontro spesso le comunità italiane. Oggi c'è un rovescio della medaglia, ma chi guarda allo straniero come a una minaccia, o è cieco o è in malafede».
I dati del dossier, raccolti in Abruzzo da Luigi Gaffuri, confermano che i migranti contribuiscono ad accrescere la ricchezza regionale. Sono 88mila, se si considerano anche quelli non registrati all'anagrafe, e costituiscono il 6% della popolazione, il doppio del meridione. Il 20% sono minorenni: le famiglie straniere hanno due figli in media, contro i figli unici delle coppie italiane. I romeni la presenza più massiccia, soprattutto nelle province di Chieti, Pescara e L'Aquila; secondi gli albanesi, che hanno il primato nel Teramano. Quattro immigrati su cinque hanno un lavoro regolare: dei 348.012 occupati nel 2010, 64.518 sono stranieri, impiegati nei servizi (45,6%) industria (42,6%) e agricoltura (10%). La provincia di Teramo offre maggiori possibilità, soprattutto nei comparti tessile e edilizia.
Ma i migranti residenti in Abruzzo non si limitano a fare i lavoratori dipendenti: 4.306, il 20% donne, sono titolari di imprese. E l'impegno nel lavoro aumentato la quantità delle rimesse: più della metà negli ultimi cinque anni. Nel 2010, dall' Abruzzo sono stati inviati verso l'estero quasi 78 milioni di euro, circa 25 dalla provincia dell'Aquila, una cifra superiore a quelle di più ricche regioni del Nord Italia. La Romania assorbe il 30% delle rimesse regionali (23 milioni 261mila euro), seguita da Cina (oltre 5 milioni e Senegal (circa 5 milioni).
Numerosa la presenza dei migranti di seconda generazione nelle scuole: più di 12mila con un'incidenza del 6,3% sulla popolazione studentesca. Un terzo di loro è nato in Italia, due terzi tra gli alunni delle materne. Il primato va a romeni e albanesi (2.800), seguiti da macedoni (1.018), marocchini (948) e cinesi (679).
L'integrazione e la tolleranza sono stati il filo conduttore di tutti gli interventi. Franco Pittau, coordinatore del dossier, ha detto che «una fruttuosa collaborazione con gli immigrati è segno di speranza per il Paese». Anche Giuseppe Bea (Cna) ha sottolineato quanto siano importanti per la crescita «la volontà e la capacità degli immigrati». Dello stesso tenore gli interventi di don Enrico D'Antonio, direttore Migrantes regionale e del presidente della Provincia, Enrico di Giuseppantonio.
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