CORONAVIRUS

In Abruzzo dilaga la variante Omicron: colpisce il 92,5% dei casi

E l'84% dei morti legati al Covid-19 era non vaccinato o con ciclo incompleto. Ecco i dati dei report

PESCARA. La variante Omicron è ormai largamente dominante in Abruzzo: la prevalenza, infatti, raggiunge il 92,5%, mentre la Delta è al 7,5%. La stima emerge dall'ultima 'flash survey' condotta dall'Istituto superiore di sanità e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali su un campione di casi positivi del 17 gennaio.

Su 40 casi sequenziati dalle strutture abruzzesi, 37 sono riconducibili a Omicron e solo 3 a Delta. La precedente flash survey era stata effettuata sui positivi del 3 gennaio: in quel caso la variante Omicron era al 78,3% e la Delta al 21,7%. In Abruzzo sono due le strutture che si occupano del sequenziamento: il laboratorio di Genetica molecolare - Test Covid-19 dell'università d'Annunzio di Chieti, per le province di Chieti e Pescara, e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, per il Teramano e per l'Aquilano.

DECESSI IN ABRUZZO. L'84,3% dei decessi legati al Covid-19 registrati in Abruzzo negli ultimi tre mesi ha riguardato persone non vaccinate o con ciclo vaccinale incompleto (una sola dose o due dosi da oltre cinque mesi), mentre solo il 15,7% ha riguardato pazienti con tre dosi o con due dosi da meno di cinque mesi. E' quanto emerge da un approfondimento condotto dal referente sanitario regionale per le emergenze, Alberto Albani. L'assenza di copertura vaccinale pesa soprattutto nella fascia 45-64 anni: su 18 morti, 15 non erano vaccinati, uno aveva una dose e solo due persone, con altre patologie, avevano due dosi da meno di cinque mesi.

In particolare, negli ultimi tre mesi in Abruzzo i decessi sono stati 216: 153 riguardano persone over 74, 43 sono relativi a persone di età compresa tra 65 e 74, 18 nella fascia di età 45-64, due - una persona non vaccinata e una con due dosi da più di cinque mesi ed altre patologie - nella fascia 21-44. Del totale dei decessi, ben 101 casi, pari al 46,8%, hanno riguardato persone non vaccinate - l'incidenza è altissima se si considera che i soggetti senza neppure una dose sono una quota assolutamente minoritaria -, cinque (2,3%) hanno riguardato persone con una sola dose, 76 (35,2%) hanno riguardato persone con due dosi da più di cinque mesi, undici (5,1%) hanno riguardato persone con due dosi da meno di cinque mesi e 23 (10,6%) hanno riguardato pazienti con tre dosi. "Dall'analisi di questi dati - commenta Albani - si evince, in modo evidentissimo ed inoppugnabile, che coloro che si sono sottoposti a ciclo vaccinale completo sono protetti dal rischio di morte in modo di gran lunga superiore ai non vaccinati o ai parzialmente vaccinati. L'auspicio è che questi dati fungano ulteriormente da stimolo a tutti coloro che sono ancora scettici o incerti sui vaccini".