Inchiesta depuratore Pescara il pm: "Scagionare i big di Aca e Ato"

Depuratore di Pescara, il pm Varone chiede il proscioglimento. L’accusa: 20 a giudizio tra cui Di Vincenzo e il sindaco di Navelli

PESCARA. Fuori gli ex vertici di Aca e Ato dal processo per la gestione del depuratore di Pescara e per un presunto traffico di rifiuti. A chiedere il proscioglimento degli imputati eccellenti dell’inchiesta Fangopoli è stato ieri il sostituto procuratore di Pescara Gennaro Varone nella sua requisitoria di fronte al gup Luca De Ninis, durante un’udienza preliminare in cui il giudice ha rigettato l’istanza di dissequestro del depuratore di via Raiale.

La richiesta era stata presentata la settimana scorsa dalla «Di Vincenzo Dino & C» sulla base dell’autorizzazione al trattamento dei fanghi concessa dalla Regione: per il giudice, tuttavia, sussistono ancora le esigenze cautelari che avevano portato al sequestro l’11 gennaio 2007, provvedimento seguito da sigilli bis nel gennaio 2008. Il depuratore resta pertanto nella custodia dell’Aca.

Potrebbero uscire di scena, dunque, nella vicenda giudiziaria, l’ex presidente dell’Aca Bruno Catena, l’ex presidente dell’Ato Giorgio D’Ambrosio, il direttore generale dell’azienda Bartolomeo Di Giovanni e il dirigente tecnico dell’Ente d’ambito pescarese Alessandro Antonacci perché, secondo il pm Varone, il fatto non sussiste o non costituisce reato. Erano stati accusati d’abuso d’ufficio assieme a un altro indagato di primo piano, Giovanni Di Vincenzo, legale rappresentante della «Dino Di Vincenzo & C», per il quale la procura ha chiesto il proscioglimento, ma limitatamente allo stesso reato. Per l’accusa, che ora torna sui suoi passi, i dirigenti di Aca e Ato avevano favorito l’affidamento del project financing all’impresa Di Vincenzo e alla Biofert srl di San Giovanni Teatino, unite in un’associazione temporanea d’impresa per la gestione del depuratore. Richiesta di proscioglimento per il reato di turbativa d’asta, inoltre, per Antonacci: secondo l’accusa (inizialmente sostenuta dal pm Aldo Aceto) il tecnico avrebbe distorto «in modo fraudolento» la gara da 62 milioni di euro per la gestione ventennale del depuratore di via Raiale, allo scopo di favorire l’impresa Di Vincenzo, che aveva proposto il progetto per i lavori di adeguamento dell’impianto.

Per il pm, tuttavia, Di Vincenzo deve andare a processo per gli altri reati contestati, dal falso ideologico ai reati ambientali come il trasporto e lo smaltimento di rifiuti senza autorizzazione. Con lui, Varone chiede il processo per altre 19 persone (imprenditori e tecnici), tra le quali il sindaco uscente di Navelli Paolo Federico, per il quale si ipotizza il reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Secondo l’accusa, avrebbe favorito le attività della Biofert, in cambio di somme di denaro. A Navelli, infatti, si trova l’impianto in cui venivano smaltiti i fanghi provenienti da Pescara: da qui, nel 2006 era partita l’indagine quando, il 2 maggio, gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Pescara, coordinati da Guido Conti, cominciarono a tenere sotto osservazione la struttura.

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