L’effetto della riforma Nordio in Abruzzo: serve l’avviso prima di arrestare, tre borseggiatori peruviani in fuga

I ladri che hanno derubato un’anziana di 80 anni non si presentano dal giudice per l’interrogatorio. Ma ora conoscono nel dettaglio tutti gli addebiti, sanno di rischiare il carcere e sono liberi di sparire
CHIETI. In questa storia di criminali in trasferta e di anziani finiti nel mirino, ci sono una buona e una cattiva notizia. Quella buona è che i poliziotti della squadra mobile di Chieti hanno dato nomi e cognomi a tre componenti di una banda peruviana di borseggiatori, arrivata in Abruzzo con l’unico, odioso obiettivo di razziare le fasce più deboli della popolazione. E che per questi ladri – presunti, certo, ma inchiodati da una serie di indizi pesanti – il pubblico ministero Giancarlo Ciani ha chiesto il carcere. La notizia cattiva, invece, è un cortocircuito della giustizia. La legge voluta dal ministro Carlo Nordio si trasforma in un assist gigantesco per gli arrestandi. La norma impone il cosiddetto interrogatorio preventivo: prima che un giudice possa firmare un’ordinanza di custodia cautelare, l’indagato deve essere avvisato con almeno cinque giorni di anticipo.
L’obiettivo dichiarato della riforma è rafforzare le garanzie, permettendo alla persona di spiegarsi, di fornire la sua versione prima che scatti la misura più drastica. Un principio pensato per ridurre il rischio di ingiuste detenzioni. Ma il dibattito su questo punto è esploso fin da subito. Requirenti e giudicanti, con l’Associazione nazionale magistrati in testa, hanno lanciato l’allarme: avvisare un indagato che si sta per arrestarlo neutralizza l’«effetto sorpresa», fondamentale per l’efficacia delle misure cautelari. La critica è netta: è un vantaggio enorme concesso a chi, sapendo di rischiare le manette, ha tutto il tempo per sparire e inquinare le prove.
Il caso di Chieti sembra la fotocopia esatta dello scenario paventato dai critici. Ieri mattina, in un’aula del terzo piano del tribunale, il gip Maurizio Sacco ha scandito i nomi degli indagati per tre volte. E per tre volte, l’appello è stato accolto dal silenzio. I borseggiatori (presunti) se ne sono stati ben alla larga dal palazzo di giustizia di piazza San Giustino. Il magistrato, dunque, non ha potuto acquisire elementi nuovi. Ma loro, i (presunti) ladri, ora sanno tutto. Sanno di essere stati scoperti, conoscono i dettagli delle accuse e sanno di rischiare la cella. E considerando che parliamo di persone senza fissa dimora, hanno tutto l’interesse di questo mondo a darsela a gambe levate.
Nel caso specifico, i tre – due donne di 26 e 36 anni e un uomo di 42 – sono accusati di furto aggravato e indebito utilizzo di strumenti di pagamento. Reati che, messi insieme, possono costare anni di reclusione: da due a sei per il primo, da uno a cinque per il secondo. Contestazioni non di poco conto. La loro tecnica era rodata, quasi militare. Hanno puntato un’anziana di oltre 80 anni all’interno di un supermercato di via Picena, a Chieti. L’hanno seguita a piedi, parlando tra loro attraverso gli auricolari che indossavano, coordinando ogni mossa. L’hanno pedinata fino alla macchina. Hanno atteso l’attimo perfetto: quello della distrazione della pensionata, impegnata a caricare la spesa sull’auto. Un secondo è bastato per impossessarsi della borsa che la poverina aveva poggiato nel carrello.
Raggiunto l’obiettivo, sono fuggiti a bordo di un’automobile a noleggio, guidata da un quarto complice che, al momento, è l’unico rimasto ignoto. Ma non è finita qui. La banda ha subito usato il bancomat rubato: tre prelievi a Chieti, per un totale di 750 euro. Poi ha raggiunto un negozio a Pratola Peligna, tentando un’altra spesa, da ben 900 euro.
Una volta ricevuta la denuncia dell’anziana, gli investigatori della polizia di Stato hanno avviato le indagini, analizzando con pazienza le immagini delle telecamere del negozio e di tutta la zona circostante, arrivando infine all’identificazione dei malviventi. Un lavoro investigativo accurato. Che ora, però, rischia di essere vanificato: i ladri sanno non solo di essere indagati, ma sanno anche di rischiare l’arresto. E sono liberi di sparire.
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