«Lo hanno aggredito come i nostri figli»

La lettera shock delle madri di Emanuele e Antonio uccisi a pugni nel Teramano

ALBA ADRIATICA. Aggredito come Antonio ed Emanuele. Anita Fadani e Lucia Di Virgilio rivivono in quel film di gratuita violenza sul giovane foggiano ora ricoverato in coma a Pescara, il dramma dei figli Emanuele Fadani e Antonio De Meo uccisi a pugni da cittadini rom. Si sentono vicine alla sofferenza di quella donna che prega e spera per il figlio che lotta per la vita in un letto di ospedale. Comprendono il suo calvario e il pianto di una mamma che non sa darsi pace. Ancora una volta, è di uno Spinelli la mano violenta e ad Alba si riaccende la rabbia.

E riesplodono dolore e indignazione. Porta la firma delle due mamme la lettera appello alle istituzioni per fermare tanta efferatezza e la spirale di violenza.
Gli assassini di De Meo, morto ad agosto a 25 anni, sono due minorenni rom condannati a otto anni. Per l’omicidio di Emanuele, ucciso a novembre a 33 anni, sono indagati altri tre rom.
Uno di questi, Sante Spinelli di 23 anni, ha lasciato il Castrogno ma sulla scarcerazione si pronuncerà domani il Riesame. «Giù le mani dai nostri figli», gridano le due mamme nella lettera aperta scritta di getto non appena saputo dell’aggressione al giovane pugliese coetaneo di De Meo. «E’ arrivata l’ora di prendere provvedimenti. Rivogliamo le nostre città sicure. L’episodio accaduto a Pescara è il risultato del messaggio che si è voluto lasciar passare dopo la scarcerazione di Sante Spinelli».

Anita Fadani aggiunge: «Se un indagato per omicidio viene rimesso in libertà prima ancora che inizi un processo per accertare o meno il grado di responsabilità nella partecipazione al delitto di mio figlio Emanuele chiunque, a questo punto, si sente libero di delinquere. Tanto non verrà punito o se verrà arrestato presto uscirà senza conseguenze penali».

«Per onorare la memoria dei nostri figli», continuano le due donne, «e perché abbiano giustizia, non ci resta che avere la massima fiducia nel pubblico ministero Roberta D’Avolio, e nel tribunale del Riesame dell’Aquila che dovrà valutare il ricorso presentato dalla procura di Teramo che ritiene collettivo il delitto.
Ai magistrati dell’Aquila diciamo: valutate con serenità e razionalità, perché mai più si ripetano delitti simili e che i responsabili vengano puniti».

Anche l’associazione di Alba «Per non dimenticare» manifesta sconcerto per i fatti avvenuto a Pescara in un momento in cui c’era folla. «Quello che temevamo puntualmente si è ripetuto», scrive il presidente Stefano Caravelli. «Un ragazzo lotta contro la morte per un pestaggio da parte di un rom. Ma ciò che stavolta lascia perplessi è l’indifferenza delle persone che hanno assistito al cruento episodio. Qui non si vuole stigmatizzare l’appartenenza ad un’etnia ma si vuole condannare il ripetersi di simili gesti a distanza di pochi mesi dai fatti delittuosi accaduti nella nostra regione».

L’associazione oltre a condannare l’omertà della gente, per il disinteresse mostrato nei confronti del giovane pugliese finito a terra esanime dopo i pugni sferrati dal rom, aspetta con ansia l’esito del riesame su Spinelli. «Ma è compito della comunità rom nella sua parte più integrata isolare e denunciare taluni soggetti che mettono a rischio la reputazione di chi vuole realmente far parte di una società civile ed evoluta», conclude l’associazione nata dopo la morte di Emanuele.

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